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Arbeit macht frei

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(19 marzo 2009) Morti bianche, tragedia nera

I colori associati alle parole vogliono colorare cose che altrimenti non si riuscirebbe a definire. Come spazi pittorici. Istallazioni della fantasia. C'è il blu della nostalgia, il rosso della passione, il nero della morte. Poi ci sono le morti bianche, il lavoro nero.
Tra la vita e la morte ci stanno in mezzo questi colori.

Il bianco descrive benissimo l'assenza. Come per la musica. Quella bianca di Baricco per esempio è irrapresentabile, basta sentirla. È la musica del silenzio. Assenza dunque. Nessuna macchia di colore a disturbare la lineare tranquillizzante fissità del bianco. Assenza di turbamento, responsabilità, sicuramente di visibilità. Il bianco confonde, non lascia vedere, avvolge tutto con la sua potenza di candore. Non basta sporcarlo con il rosso porpora del sangue, il nero fuliggine delle miniere e dell'asfalto, la polvere e il cemento grigio dei cantieri. Il bianco ancora una volta rispunterebbe fuori, l'avrebbe vinta. Basterebbe dire che il bianco e il nero stanno alla base di tutti i colori. Battaglia persa. Epurazione delle responsabilità, assenza di riferimento al contesto in cui avviene una morte per esempio. Questo è bianco. Il Lavoro poi spesso non è bianco, ma nero come la pece. Puro sfruttamento. Troisi lamentava che a Napoli la parola lavoro, senza qualcosa a fianco (minorile, a cottimo..), non potesse esistere. Secondo alcuni il lavoro nobilita, libera. Spesso invece stanca, qualche volta uccide. La sicurezza sul lavoro più che bianca è quasi incolore. Politicamente di tutti, ma nella realtà di nessuno. Il bianco è evaporazione dunque. Nessuna condanna, nessuna volontà di rompere il silenzio. Non serve aver sfruttato, ucciso deliberatamente. Non serve giustificazione per un evento considerato ineluttabile. Come se la morte fosse sempre causa naturale. Non serve nemmeno accusare un modello produttivo viziato da scarsissima qualità del lavoro. Il libro che sottoscrive le sue regole è dello stesso colore. L'innocenza è ciò che rimane. Il bianco la regala a tutti, vittime e carnefici. Come per i bambinimorti in fasce. Morti senza nessuna colpa. Innocenti come il contadino che ara la terra e ne muore. Come quello morto in miniera o in una cava di pietra, quell'altro caduto da un traliccio. Quello morto per sostanze tossiche, magari in guerra o semplicemente in fabbrica. Quello morto al porto davanti al mare. I tanti morti senza nome, clandestini di tutti i colori. Dormono tutti sulla collina. Un cimitero di pietre pallide. Il bianco come scenario di un brutto film e il nero della morte che ogni tanto fa capolino qui e là.


di Dario Ameruso


Morti bianche (video su musiche di M.Nyman)

19 marzo 2009
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