Passione politica, avanguardia musicale, lotta anti-imperialista caratterizzano “A floresta é jovem e cheja de vida” che Nono dedica esplicitamente al FNL vietnamita: «Vogliono incendiare la foresta e farci uscire allo scoperto, ma non possono distruggerla perché la foresta è giovane e piena di vita».
Ideata tra il 65 e il 66 questa composizione per soprano, tre voci di attori, clarinetto in Si♭, lastre e nastri magnetici, si presenta dal punto di vista del testo come un concentrato di tutte le lotte e di tutte le realtà antagoniste di quegli anni, nel suo far riferimento a Marx, Fidel Castro, alle lotte di liberazione africane e sudamericane, al pacifismo americano e alle dichiarazioni contro la guerra del Vietnam.
Parti di queste dichiarazioni e riflessioni (tutte a cura di Giovanni Pirelli) si condensano nella parte acustica, cantata e recitata dagli attori in scena, mentre altre nella parte registrata e rielaborata su nastri magnetici.
Il pubblico è completamente avvolto dal suono e confuso costantemente dal tumulto che si palesa da fonti sonore diverse (di fronte e alle spalle) come a rappresentare le moltitudini in lotta, ma anche il vigore interno a un organismo naturale e sociale che lotta, vive e si agita per la sua sopravvivenza.
Si manifestano a tratti infatti suoni recanti lo spettro di una minaccia e di un escalation di violenza che le lastre magnetiche percosse con martelli colorano e tendono ad evidenziare, mentre il clarinetto tende a seguire le riflessioni delle voci recitanti e del soprano.
Una composizione dal forte carattere politico che nonostante sia caratterizzante di un periodo storico, si lascia apprezzare per il suo carattere innovativo e provocatorio ancora oggi.
La composizione di Berio “Laborintus II”, per voci, strumenti e nastro magnetico, del 1965, celebra il 700° anniversario della nascita di Dante e prende il titolo dalla raccolta poetica “Laborintus” di Edoardo Sanguineti.
Il testo curato dallo stesso Sanguineti, che si prestò anche alla recitazione in occasione della prima presentazione dell’opera, sviluppa alcuni temi della Divina Commedia e li connette, attraverso analogie semantiche e fonetiche, con testi di Ezra Pound, Eliot e Sanguineti stesso.
Come scrive lo stesso Berio, “Laborinthus II” è un catalogo: «Il principio del catalogo non si limita solo al testo, ma serve anche da base alla struttura musicale stessa. Visto sotto un certo aspetto, Laborintus II è un catalogo di riferimenti, di atteggiamenti e di semplici tecniche strumentali; un catalogo dal carattere un po’ didattico, come le immagini di un libro scolastico che tratti delle visioni dantesche e del gesto musicale. Le parti strumentali sono sviluppate soprattutto come estensione dell’azione vocale dei cantanti e la breve sequenza di musica elettronica è concepita come prolungamento dell’azione strumentale».
Il progetto è di creare un’opera sperimentale, un caleidoscopio di suoni e parole, una struttura musicale ampia divisa tra musica concreta e popolare (singolare l’uso delle batteria), free jazz e poesia, in un susseguirsi di suggestioni poetiche, fonetiche e sonore, che si muovono quasi per associazione sino a creare un certo onirismo controllato, sospeso tra linguaggi arcaici e futuristici.
Gli strumenti e le voci sembrano liberare flussi di parole e coscienza, che la bravura degli interpreti, i musicisti del PMCE (Parco della Musica Contemporanea Ensemble), il Direttore Tonino Battista, gli Artisti del Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e gli attori dell’Accademia Silvio D’Amico, nonché lo stesso Angelo Guglielmi, riescono a consegnarci in tutta la loro complessità.
Una complessità complice di quell’invito alla sospensione, di quell’intervallo tra due vibrazioni che non trova conclusione, che teme il compimento, il punto d’arrivo, la consonanza, ma lascia aperta una suggestione artistica, un fluttuante suono sospeso, dissonante e libero di non essere determinato dal peso della tradizione.