Il messaggio di “The Wall” tuttavia non è chiuso nel passato, ma fortemente attualizzato con riferimenti costanti al presente. Non resta solo parabola esistenziale, ma diventa politico. Da metafora sull’isolamento e l’alienazione, diventa celebrazione dell’ingiustizia dei conflitti e del potere. Perché i muri che uccidono sono ancora tanti. Non a caso è dedicato espressamente a tutte le vittime di stato. Vittime civili, attivisti, oppositori politici. E poi camaleontiche ci sono le ideologie di sempre erette a sistema che uccidono il singolo.
Le riprese e gli effetti scenici del concerto live sono davvero spettacolari, perché mettono in campo una sorta di teatro Rock che arricchisce la già fornitissima Opera del 79’ di altri elementi. Allegoria continua e costante.
Così una versione acustica e assai personale di “Mother” si trasforma in una sorta di governo da grande fratello, mentre in “Goodby blue sky” gli aerei non sganciano bombe, ma emblemi nefasti: la croce cristiana, la mezzaluna, la stella di Davide, il segno del dollaro, il logo della Shell. Le verità imposte dall’alto, i fanatismi, le ideologie: religioni, fascismo, comunismo, capitalismo, multinazionali. E il cielo è spietato e si tinge di sangue..
Canzone dopo canzone un muro prende forma. La band sparisce. Migliaia d'immagini si susseguono a ritmo vertiginoso componendo una cattedrale immaginifica di suoni e parole. Simbologia vivente. Il tutto mette in luce la follia militarista mentre ritornano i celebri pupazzi di “Another brick in the Wall”.
L'effetto scenico del muro ormai alto e definitivo fa da cornice al capolavoro “Comfortably numb”. Nel silenzio una voce chiede "Is there anybody out there? ", c'è qualcuno là fuori?
E’ l’apice del concerto e ne racchiude idealmente tutta la carica musicale ed emozionale. Dopo poco il muro è definitivamente abbattuto. Il pubblico ha gli occhi lucidi.
La potenza sonora e gli arrangiamenti fedeli alle versioni originali mettono in evidenza la magnificenza di uno spettacolo e di una performance musicale davvero valida. L’effetto cinema amplifica, qualora ce ne fosse bisogno e ci regala dei particolari da dietro le quinte difficili da vedere dal vivo.
Scritto e diretto dallo stesso Waters e da Sean Evens e girato in almeno tre diverse date, tra cui Quebec, Atene e Buenos Aires, non ricalca più facilmente le direttive del mitico film girato da Alan Parker, ma muovendosi su diversi piani, ora cinematografico, ora musicale e teatrale, pone l’accento sul privato dell’artista e sull’attualità simbolica di un Opera capace ancora di offrire nella sua vivacità, tanta complessità e bellezza.