“In ognuno di noi c’è un carcere interiore”, dice Clara per spiegare la sua recente pagina piena di amore dedicata a Pierre Clémenti, un uomo e un artista con cui “la giustizia non è stata giusta”, che ha racchiuso nel libro Pensieri dal carcere la sua testimonianza di carcerato arrestato per droga e rilasciato per insufficienza di prove dopo un anno rinchiuso a Regina Coeli e Rebibbia.
“Leggendo le sue lettere, mi sono ancor più convinta di quanto sia labile il confine tra chi sta dentro e chi sta fuori”.
Per questo la vicenda di Clémenti, attore francese e star del cinema degli anni sessanta - Buñuel, Pasolini, Garrel, Bertolucci, Fellini, De Sica, Visconti, Cavani, alcuni dei registi con cui ha lavorato – diventa per la Galante metafora di una condizione umana e sociale. E l’affondo nell’interiorità di un singolo individuo diventa esposizione critica dell’interiorità collettiva. Il carcere stesso è la prigione che ognuno si costruisce senza volerlo, è rinuncia alla libertà, soggezione a meccanismi che ci controllano e manipolano.
Una vita o prove di liberazione è il titolo di questa performance da attrice solista che ha debuttato al Macro di Roma l’11 maggio 2019 in cui i contorni e le coordinate spazio-temporali che riguardano la testimonianza di Clémenti, lasciano il posto a una riflessione più ampia sulla libertà e sulla giustizia.
Riflessione in cui l’autrice ha dato voce, evocandoli, a tre personaggi –Pierre, il direttore del carcere e la madre- ovvero l’interiorità del carcerato, indagata e dilatata fino alla nostra, la legge e il potere senza giustizia, la maternità come forza vitale, potenza primigenia la cui voce, che Clara evoca attraverso il canto, è capace di “risvegliare i morti”.
Ma il canto della madre non è solo uno dei modi in cui l’attrice si esprime, ma il segno che la liberazione passa attraverso l’arte. La madre che libera non si limita a consolare, la madre canta e cantando libera dalle catene, reali e simboliche. La madre va oltre, trascende la costrizione e, attraverso l’arte, indica una via di salvezza. Invita a imboccare una traiettoria diversa, invita a resistere attraverso la fuga nell’immaginazione che sola rende possibile la libertà in qualunque condizione.
Perché schiavo, scrive l’autrice citando Clèmenti, non è solo chi ha le catene ai piedi, ma chi non è in grado di immaginare la libertà.
L’arte, come la madre, è forza vitale, palingenesi, inno alla vita e alla speranza.
C’è in tutto questo un elemento fortemente dionisiaco che trova ordine e giustificazione in un lavoro in cui la bella prosa di Clèmenti viene ripensata in versi liberi, snocciolati e scanditi a incidere l’aria, prolungati in un’eco o fissati da una reiterazione che alla fine si fa interrogazione da rivolgere prima di tutto a se stessi. “A sopravvivere ci vuole poco, a morire ci vuole niente, è a vivere che ce ne vuole, ce ne vuole, ce ne vuole”.
Sola in scena, Clara ha creato intorno a sé un habitat preciso ed essenziale delimitato da transenne che definiscono lo spazio d’azione, custodendo, comprimendo, provocando l’interiorità di Clèmenti e la nostra.
Questo, almeno è quanto è stato visto al Macro quando lo spettacolo è stato presentato in unica data e in forma di studio, ma sappiamo che il progetto continua con un obiettivo nobile e ambizioso: individuare in ogni piazza una persona che abbia vissuto l’esperienza del carcere, disposta ad affiancare l’attrice condividendone la scena e le mai finite prove di liberazione.
“Per dare spazio a chi spazio non ha”, ma forse anche per imprimere una verità di volta in volta diversa, ognuno con le sue ferite, la sua endemica storia, la sua volontà e possibilità di liberazione e riscatto.
Siamo alla metafora dell’arca di Noè, altra suggestione accolta e sviluppata dai Pensieri di Clèmenti, che induce ulteriori riflessioni sul concetto di colpa. Perché in carcere possiamo trovare l’assassino ma anche l’innocente, purtroppo. E va a sapere quale destino e quali circostanze fanno sì che un individuo si trovi privato della propria libertà.
La notizia recente è quella di una possibile pubblicazione del testo con traduzione francese a fianco e si pensa a un circuito in Francia.
L’editore interessato c’è già.
Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, di questo articolo, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta di Alessandra Bernocco.