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Edipo il Corpo Tragico

Edipo il Corpo Tragico
di Alessandra Bernocco

Ma il riconoscimento migliore di tutti è quello che scaturisce dalla stessa azione, perché la sorpresa sopravviene per mezzo di fatti verosimili, come nell’Edipo di Sofocle
Aristotele, Poetica

È antica osservazione che in ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia,
tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere.
Primo Levi
(06 settembre 2019) (Con Michele Sinisi e con Federico Biancalani)

Una figura di spalle, impermeabile e borsone, attende che il pubblico prenda posto nel piccolo spazio dell’oratorio della chiesa di Framura, delizioso paesino arroccato sulla collina ligure, tra Genova e La Spezia, che ha ospitato, insieme ad altri cinque comuni, il festival Nuove Terre, alla sua settima edizione (6 luglio – 30 agosto). In scena, Edipo, il corpo tragico, personalissima rilettura del mito sofocleo a cura di Michele Sinisi, regista e interprete, che ha debuttato ufficialmente al Festival delle Colline.


Si tratta del terzo momento di un percorso dedicato alle figure tragiche affrontate in forma di monologo che arriva dopo Amleto e Riccardo III, e forse anche il risultato di un’evoluzione di metodo in questa ricerca. Se con Amleto infatti si evocavano gli altri personaggi, fantasmi variamente persecutori di una follia acclarata, con Riccardo III Sinisi si concentrava sul monologo del duca di Gloucester prima dell’usurpazione della corona, facendo a pezzi il linguaggio, aggredito e smembrato, ridotto a parole scarnificate restituite in inglese. Parole come corpi isolati da prendere a schiaffi, con cui il suo corpo deforme entrava in contatto, con durezza, aprendosi il varco tra fughe e fessure.



E’ un ricordo certamente annacquato ma questa recente messa in scena di Edipo me lo ha richiamato con prepotenza.



A cominciare dalla centralità del corpo che ci viene offerto in sacrificio, nonostante la ludica dichiarazione di intenti. “E’ un gioco”, ha detto Sinisi a fine performance, a chi avanzava cervellotiche ipotesi. In realtà c’è poco da ridere, a meno che non accettiamo di riderci addosso, che è proprio una bella utopia. 



Dicevo, il corpo e il sacrificio. Si parte di qui. Dall’espiazione della colpa subito dopo l’agnizione e si risale con un movimento a ritroso fino alla compiuta autocoscienza, che trascende la vicenda di Edipo e diventa coscienza di una tragicità necessaria, una tragicità come destino.



Non sono solo colpevole ma consapevole che esiste una colpa ontologica, un destino che mi/ci sovrasta di cui io stesso sono il capro espiatorio. Il capro, appunto, che alla fine viene rappresentato ‘giocosamente’, incollando sul corpo pezzetti sparsi di pelo, dopo avere spalmato la colla con una spatola gigante, come se il corpo fosse un pannello su cui affiggere un manifesto, o il manifesto.



E’ il penultimo atto prima del sacrificio definitivo, in cui assistiamo alla morte suicida dell’eroe tragico, non solo Edipo ma anche Giocasta, attraverso il corpo capovolto dell’attore,  appeso per un piede, una figura che è insieme licenza e sintesi estrema.



L’attore e la maschera. Due poli dialettici ma non sovrapposti. Questo ha insegnato la tragedia greca e questo è molto chiaro nel lavoro di Sinisi, che all’immagine affida l’onere e la forza di sintesi drammaturgica.



Una drammaturgia che mentre fa a meno delle parole, ridotte all’ossatura, a elementi di raccordo, sorta di didascalie che scorrono su un video, si incarna invece nel corpo dell’attore, che si fa segno e portatore di senso.



La stessa lingua è immagine, usata nella sua forza plastica e performativa. Al pugliese stretto, per esempio, andriese che suona come un grammelot, è demandata la profezia dell’oracolo e a un pugliese forse meno circoscritto, l’enigma della Sfinge, per bocca di Federico Biancalani, servo di scena con multiple funzioni, a cominciare da un Tiresia in divisa da carabiniere che collabora all’indagine. 



I momenti nodali sono resi da immagini forti, disturbanti e respingenti (per gioco?), che arrivano subito, non appena Edipo si palesa in quanto tale, avanzando verso di noi, già cieco e con due enormi spuntoni negli occhi incrostati di sangue.



E’ tutto volutamente sopra le righe, tutto epicamente e scenograficamente raccontato: con quel tubo di gomma che serve a spurgare gli umori corrotti che ristagnano nella vecchia ferita del piede; con la maschera di gesso che allude  al corpo di Laio, presa a martellate; con la masturbazione per raccontare l’incesto, e battuta al seguito sul rischio cecità.



C’è, in effetti, qualche temeraria impennata qua e là,  qualche sana follia che però non disdice, e ogni tanto si cede alla tentazione della battuta, ma quel che più si apprezza è il rigoroso lavoro di sintesi, che arriva dopo che tutto è decantato a dovere.



Credo sia un progetto che Sinisi aveva a cuore da tempo, perché l’impressione è proprio quella di una lenta e matura elaborazione.



EDIPO. IL CORPO TRAGICO da Sofocle regia Michele Sinisi con Michele Sinisi, Federico Biancalani collaborazione alla drammaturgia Francesco M. Asselta  scene Federico Biancalani prodotto da  Elsinor – Festival delle Colline Torinesi / TPE sostegno alla produzione MAT, laboratorio urbano, Terlizzi (BA) progetto FARSA



 



Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, di questo articolo, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta di Alessandra Bernocco.


06 settembre 2019
Articolo di
nostoi
Rubrica:
Teatro


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