Man mano che ci si avvicina al monumento, percorrendo la strada A344, uno strano ammasso di pietre andrà delineandosi come una struttura costituita da grandi
colonne di
pietra, dette “Sarsen”, alte più di cinque metri, sormontate da architravi di roccia che da lontano sembrano sospesi (da cui il nome, dal celtico "steùn hendj", ovvero pietre sospese). Le colonne formano un cerchio di alcune decine di metri di diametro al cui interno si ergono maestosi cinque grandi triliti, disposti a ferro di cavallo. A circondare infine il colonnato, una serie di buche poco profonde, chiamate Aubrey Holes in onore di John Aubrey che le scoprì nel Seicento, ed un fossato. Completano il complesso un viale di accesso posto in direzione del solstizio estivo ed un grande masso, la Heel Stone, pietra del tallone, posta idealmente alla base dell’intero monumento.
Analizzando il sito nel suo insieme, non si può non notare una perfetta integrazione delle varie parti che lo compongono e se ne intuisce la notevole complessità. Nel corso del tempo, molteplici sono stati i tentativi di
interpretazione circa le sue funzioni: un calendario lunare, un orologio, uno “scadenzario” dei cicli naturali legati all’agricoltura, addirittura uno strumento di previsione delle eclissi solari. Tutte teorie che ben si integrano con le geometrie di Stonehenge e convivono tra loro, tutte quante però poco “verosimili”, o meglio, verosimili solo in parte.
Ognuna di queste teorie implicherebbe, infatti, la conoscenza di un modello stabile dei moti del Sole e della Luna e addirittura, nel caso della teoria di previsione delle eclissi solari, anche di un modello equivalente a quello che oggi chiamiamo “Ciclo di Saros” (Un’eclissi di Sole si verifica in corrispondenza della Luna Nuova ogni qualvolta si ha un allineamento Sole-Luna-Terra, il che succede solo quando si intersecano anche i piani dell’orbita lunare e dell’eclittica, l’orbita apparente del Sole intorno alla Terra). Tutte conoscenze, queste, molto poco probabili per le popolazioni del III millennio a.C..
Inoltre, bisogna ricordare che il popolo che lo costruì, quaranta secoli fa, era composto da piccole tribù con limitate capacità architettoniche. Gli accampamenti in cui vivevano non erano stabili e gli unici monumenti, o ciò che più si avvicina a questa definizione, erano dei semplici Dolmen funebri, mentre i megaliti di Stonehenge, oltre ad una precisa disposizione geometrica, denotano una grande cura nei particolari, come ad esempio la rastremazione delle colonne alla maniera dei greci, o, cosa ancora più raffinata, il rapporto tra gli elementi, sempre di 1.6, che permette di ottenere una giusta proporzione, per esempio, tra la larghezza e l’altezza delle aperture o tra un cerchio di pietre e l’altro, trasmettendo a chi vi si trova dentro la sensazione che tutto il monumento sia stato costruito per adattarsi all’uomo in un’armonia strutturale che ha portato Stonehenge ad essere anche definito “La Danza dei Giganti”.
La genesi di Stonehenge, quindi, sembrerebbe in tutto e per tutto scaturita da una cultura superiore di almeno dieci secoli, venuta in qualche modo a contatto con le popolazioni locali, proveniente forse dall'Africa e passata in Europa attraverso la Spagna. Per di più, molti studiosi sono d’accordo nell’affermare che tutto sembra far parte di un unico progetto, scaturito da una sola mente, che ha fornito alle popolazioni residenti le conoscenze tecniche per la sua realizzazione. Tutto questo è davvero molto affascinante se si pensa che la costruzione di Stonehenge è avvenuta nell’arco di oltre 2000 anni tra il 2700 a.C. ed il 400 a.C..
Da ultimo, e solo per dovere di cronaca, sono da citare alcune delle numerose leggende che ruotano intorno al monumento. Dalla rivendicazione di paternità fatta ad opera dei Druidi, antichi monaci dei Celti, i cui discendenti ancora oggi usano celebrare il giorno del solstizio d’estate riunendosi all’ombra dei Sarsen, all’ipotesi di “geometria sacra”, secondo cui Stonehenge sarebbe un modello dell’Universo, eretto con lo scopo di irradiare l’energia della terra in ogni parte del mondo e rinnovarne la fecondità. Passando poi per il mito di Mago Merlino ed infine, ovviamente, anche per l’idea che si tratti di un punto di contatto con una civiltà extraterrestre.
Bibliografia:
Giuliano Romano “Stonehenge e le eclissi” – Il Cielo nella Storia, Fabbri Editori
Vojko Bratina “Stonehenge e la sua funzione astronomico calendariale” – l'Astronomia n. 249
Claudio Dall'Aglio “Stonehenge” –Centro Ricerche Esobiologiche GALILEO
Giuliano Romano “Stonehenge un calendario di pietra” – Il Cielo nella Storia, Fabbri Editori
di Carmelo Primiceri