Indecisi se questa crisi sia un'ulteriore mossa dei “bancari” per giocare con i nostri soldi, sia la nuova realtà o una psicosi collettiva, teniamo i nostri risparmi sotto il materasso o utilizziamo i nostri liquidi per i cristalli di un monitor ultima generazione. I disordini greci ci vengono presentati come l'inevitabile sbocco della tensione sociale. E, mentre ci prepariamo alla guerrilla urbana, guardiamo (raramente) e leggiamo (un po' più spesso) con una curiosità annoiata le solite cose d'Africa. E quando si dice 'solite', s'intende 'le stesse da secoli'. Pirati, colera e diamanti che minacciano un mondo lontano. Mentre consumiamo carburanti estratti e trasportati da personale a rischio sequestro, per girare tra le vetrine addobbate. “Giusto per guardare”, per carità!, e, magari, sognare davanti a un gioiello impreziosito da un diamante che ha una sola macchia: quella di un crimine contro l'Umanità. Un'agenzia dell'11/12/08 ci informa che Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe, ha affermato che l'emergenza colera è terminata e che i dottori sono riusciti a domare l'epidemia. Lo stesso giorno , la stessa agenzia di stampa pubblica la notizia nella quale l'Onu informa che il bilancio dei morti a seguito dell'epidemia in atto nello Zimbabwe è salito a quota 783, con 16.403 casi sospetti d'infezione (ASCA-AFP). La comunità internazionale ha minacciato Mugabe di un intervento nel caso di mancate dimissioni dalla carica di capo dello stato. Il governo dello Zambia ha iniziato a spostare le truppe verso il confine con lo Zimbabwe (www.zimbabwetoday.co.uk. Dopo 28 anni, Robert Mugabe ha perso l'appoggio interno dell'esercito. Il suolo del Congo, oltre a fornire diamanti, dà anche uranio, oro e coltan (elemento fondamentale nella produzione di computer, telefonini ultima generazione, e componentistica aeronautica). L'enorme territorio dell'ex-Zaire (”2.345.000 km², circa tutta quanta l'Europa occidentale” - Jean-Léonard Touadi, Limes) è tormentato dall'era coloniale fino all'indipendenza del 1960 e oltre, arrivando ai giorni nostri da crisi cicliche. Crisi che non hanno mancato di vedere genocidi e violenze. Crisi che giovano agli interessi di forze internazionali e Nazioni confinanti. Il 5 dicembre, l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu (UNHCR) riporta che nell'area sono presenti più di 1,6 milioni sfollati (principalmente nella Provincia del Nord Kivu) che hanno riferito di non poter tornare alle proprie case per il timore di rappresaglie e stupri da parte di ribelli ed esercito. Quest'ultima crisi risale alle elezioni presidenziali del 29 ottobre 2006, fortemente volute dall'ONU. La fiducia della comunità internazionale nello strumento democratico elettorale era tale da fissare a pochi giorni successivi il ritiro delle forze internazionali di pace. Ma gli esiti delle urne hanno provocato scontri su vasta scala tra i sostenitori del candidato Jean-Pierre Bemba (sconfitto) e i sostenitori del rieletto presidente. Joseph Kabila. Ma forse la situazione di squilibrio è da far risalire al genocidio del confinante Ruanda del 1994 che ha aggiunto, al già multietnico Congo, ondate di hutu (sconfitti dai tutsi). Tornando a periodi più recenti, è il 28 agosto di quest'anno che gli scontri limitati tra ribelli ed esercito assurgono a emergenza internazionale. Il triste primato della “più grave e complessa emergenza umanitaria attualmente in corso nel mondo” (Unicef) è, invece, del Sudan. “Cuore della crisi sudanese è senz'altro il Darfur, vasta regione semidesertica ma ricca di risorse sotterranee, messa a ferro e fuoco dalle milizie dei Janjaweed spalleggiate dal governo di Khartoum, le cui scorrerie hanno costretto alla fuga metà della popolazione contadina” (Unicef). Leggendo la scheda tecnica che la Cia dedica all'Uganda, scopriamo che il Paese risente delle tensioni etniche dei vicini Congo e Sudan, ospitando 209.860 rifugiati sudanesi e 27.560 rifugiati congolesi. Oltre, ovviamente, avere problemi con ribelli, gruppi armati e varie forze governative. Tra i ribelli ricordiamo l'armata Lord's Resistance Army, attiva anche in Congo. Nel Burundi, anche se una guerra civile lunga 13 anni si è conclusa, la situazione economica, sociale e politica rimane instabile. Ma in Africa non ci sono solo cattive notizie. Ce lo dice Ian Birrell del The Independent, che ci presenta il Ghana come la realtà rappresentativa di un'Africa diversa. L'ex-colonia britannica, da quando è stata ripristinata la democrazia (1992), ha visto migliorare le condizioni sociali ed economiche dei propri cittadini. Elezioni regolari, assistenza sanitaria, occupazione e "politici distanti dalla realtà del paese". Insomma, almeno il Ghana è uno di noi. Tirando un sospiro di sollievo, possiamo dedicarci al panettone. Non volendo essere un saggio esaustivo di tutte le situazioni di crisi presenti nell'area africana, quest'articolo vuole solo invitare all'approfondimento oltre l'informazione quotidiana.