“Mama
Africa” la chiamavano, un simbolo per tutto il continente africano (anche gli immigrati di Castel Volturno la omaggiano con fiori e corone), e di quello aveva fatto arrivare un po’ di magia in tutto il mondo, sin dai primi successi in Europa e negli States con Harry Belafonte (prima donna
nera a vincere il Grammy Award).
La sua musica, connubio di ritmi africani, jazz, soul (molto prima della World music), ha fatto da colonna sonora ad una biografia da romanzo.
Una vita passata a
combattere il razzismo e l’Apartheid in Sudafrica dove nacque e fu cacciata da un regime infame. Esiliate le sue canzoni quando nel ’63 testimoniò alle Nazioni Unite sulle condizioni della sua gente.
In seguito il matrimonio con Stokely Carmichael, leader delle Black Panther (e di conseguenza i problemi in USA), il ritorno in Africa e poi in Guinea come delegata alle Nazioni Unite, l’impegno costante per i diritti civili, l’incontro con Paul Simon, la FAO, la triste morte di sua figlia, il rientro in Sudafrica dopo la caduta del regime su invito del nuovo presidente Nelson
Mandela.
Tappe di un sentiero umano e artistico che hanno segnato indelebilmente la sua immagine.
La sua carriera si chiude nel 2005 dopo l’ultimo tour mondiale.
Ma ad ogni chiamata la Regina risponde, così come adesso nel casertano per l’ultimo show, quello finale, in una terra dove Africa significa fastidio, diversità da tollerare, e non magia di colori, tramonti gonfi di nostalgia, sorrisi disarmanti, oppure fame, miseria, Aids.
Ma l’Africa nonostante tutto è molto più vicina di quanto si pensi…e “Mama Africa” lo sa, per questo non si tira indietro.
Restano i suoi successi e la sua solare allegria (la famosissima “Pata Pata” canzone ispirata ai balli nelle township di Johannesburg; “The clik song”; “The lion cries-Mbube”; la nostalgica ”Malaika” e tante altre), la sua statura morale, la sua grandezza d’artista.
Molti gli attestati di stima dal mondo intero.
Secondo Mandela “…è stata una madre per la nostra lotta...”; Saviano dichiara “La voce di M. Makeba era quello che i sudafricani avevano al posto della libertà..”; mentre, ancora frastornati Daniele Sepe e Eugenio Bennato (che hanno introdotto la sua esibizione) dichiarano “Era lì come simbolo di riscossa per quei ragazzi africani che sono venuti ad ascoltarla…”.
Il tam-tam di dolore arriva fino alle sue terre natie e forse più lontano, tra le tribù delle praterie o nella sterminata savana, lasciando soltanto un colossale vuoto nel grande cuore d’Africa.
di Dario Ameruso
Goodbye Mama Africa (Video)