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L’Uomo ed il Cielo

L’Uomo ed il Cielo

(21 agosto 2008) La Terra orbita intorno al Sole, ovvio. Bene: partiamo dall’ovvio allora…
La Terra è un pianeta, e come tale “vagabondo”. Nel suo vagabondare gode della compagnia distaccata di altri come lui. Alcuni di questi sono pianeti così grandi da poter essere definiti come “stelle mancate”, altri difficilmente distinguibili da un piccolo satellite o un grande meteorite.
Alcuni sono dei semplici e sterili ammassi di roccia con la superficie continuamente martoriata per via delle collisioni con altri piccoli corpi celesti, condizione inevitabile là dove manca totalmente l’atmosfera, altri, invece, sono giganti gassosi dai colori vivaci, contornati da splendidi anelli di cristalli e grandi lune e sulla cui superficie imperversano da tempo immemorabile tempeste di gas e cicloni tanto grandi da poter comodamente contenere, nel proprio occhio, la Terra.

A racchiudere lo spazio occupato dal nostro Sole e dai “suoi” satelliti, vi è poi una grande nube di gas, ghiaccio e detriti, probabili resti di antiche titaniche collisioni, da cui, ogni qualche migliaio di anni, prende forma una cometa, comincia ad orbitare intorno al Sole ed allunga la sua magnifica coda man mano che gli si avvicina.
Se poi allarghiamo ancora i nostri orizzonti, ci rendiamo conto che il nostro sistema solare, per quanto vario ed affascinante, non è che una goccia in un oceano, una goccia anche abbastanza placida se pensiamo alle forti interazioni gravitazionali ed alle alte temperature presenti in un ammasso globulare di stelle; alla quantità di radiazioni ed alle onde d’urto generate dall’esplosione di una supernova; alle masse di gas incandescente che bruciano da secoli formando brillanti, spettacolari nebulose. Milioni, miliardi di gocce che si avvicendano intorno al centro gravitazionale di una tra le circa cento miliardi di galassie conosciute all’interno del nostro attuale “orizzonte cosmologico”, a loro volta tutte contenute in quell’oceano “rarefatto” che è l’Universo. Un oceano di tali dimensioni che nonostante tutto questo dispiego di forza ed energia, la sua temperatura media è prossima allo zero assoluto. Così rarefatto che la luce impiega centinaia, migliaia ed in alcuni casi anche miliardi di anni per spostarsi da una goccia ad un’altra. Ed è così che lo spazio ed il tempo si “relativizzano”. Il cielo che noi oggi osserviamo, non è il cielo del tempo in cui ci troviamo, tutt’altro. Potremmo anzi dire che per ogni corpo celeste siamo testimoni di un tempo diverso, un “passato” che è funzione della distanza che da esso ci separa: istantanee di momenti differenti che ci vengono offerte tutte contemporaneamente. Alcune delle cose che ammiriamo da secoli, potrebbero essersi evolute in qualcos’altro o essere semplicemente scomparse, ma non lo sapremo finché la luce che può raccontarci quelle trasformazioni non avrà percorso tutto lo spazio tra noi e quei luoghi. In alcuni casi ciò avverrà, in altri no. Perché noi viaggiamo alla velocità della vita. E viviamo in uno spazio ridotto in cui tutto avviene per tutti allo stesso momento.

Avere il privilegio della conoscenza, non alleggerisce certo il nostro cuore, né il nostro raziocinio, da tutte le implicazioni che comporta questa consapevolezza, al contrario conferma quello che per i nostri avi poteva essere la semplice e primordiale intuizione di qualcosa di irraggiungibile, inarrestabile e terribilmente grande. Le civiltà del passato avevano solo vagamente intuito la grandezza del cielo, senza però comprenderne i fenomeni manifesti, e lo avevano quindi investito quale rappresentante del soprannaturale e dell’ultraterreno. Ma in questa investitura, il ruolo dell’uomo non sarebbe stato passivo. Per via di quella inclinazione naturale, tutta umana, che ci vede costantemente alla ricerca di nuovi limiti da superare, l’uomo, indipendentemente dal luogo, dal momento e dalla cultura che lo influenzava, ha cercato di stabilire un “rapporto” con il cielo. Un rapporto fatto di timore reverenziale, certo, ma anche mirato ad ottenere un qualche apprezzabile beneficio sulle attività umane, in ogni tempo.

L’archeoastronomia in fondo, volendone forzare leggermente la definizione nell’interesse di chi scrive, si propone di “misurare” la forza e gli effetti di questi rapporti, nati tra il cielo ed ogni civiltà del passato che abbia alzato lo sguardo per ammirarlo. Ed è proprio di questo che ci occuperemo.

Carmelo Primiceri

21 agosto 2008
Articolo di
carmelo
Rubrica:
ProfondoSpazio


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