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CESARE BASILE

CESARE BASILE "Storia di Caino"

(21 settembre 2009) Album spigoloso pubblicato nel 2008 dalla piccola casa discografica Urtovox, conferma qualora ce ne fosse il bisogno, il talento del catanese Cesare Basile. Blues, folk, rock, diluiti da melodie e atmosfere che non rimandano mai direttamente ad un genere. Canzoni fatte da tanti frammenti tutti amalgamati tra loro da capacità e profondità musicale (fondamentale l'apporto musicale e la produzione di Jhon Parish), dalle prospettive irregolari e poetiche dei testi.
“Gli agnelli” irrompe in apertura con forza, tra chitarre e armonica, per un testo che parla dell'infanticidio, del sacrificio di bambini che “...non hanno fatto in tempo a pascolare l'odio, che i rigattieri della strage danno a credito...”. Basile scava nei torti degli adulti, concime per i prati dell'infanzia che uccidono la meraviglia. Un terrorismo fatto di violenza materiale e psicologica.

“A tutte ho chiesto meraviglia” snocciola un tema musicale sghembo tipico di Basile, a cavallo tra blues e folk, con il pianoforte che ricama puntualmente atmosfere ricercate e le parole che muovono nella stessa criptica direzione.

“All'uncino di un sogno” si muove musicalmente suggestiva tra note di chitarra e pianoforte per cantare amaramente i sogni e gli uomini appesi agli uncini della vita, quando i sogni e gli amori tradiscono o sono semplicemente difficili, impossibili da realizzare.

“Canto dell'osso” è una ballata rock dai toni duri, mentre l'aria si placa almeno apparentemente con “Per nome” per lasciare amaramente solo un desiderio d'amore che la vita ha voluto sconosciuto e senza nome.

“Sul mondo e sulle luci” è il momento del cantautore nel senso tradizionale, con il pianoforte che sorregge un testo malinconico e dolce, mentre con “Donna al pozzo” si ritorna ad atmosfere folk e mitiche, almeno nel testo.

“Storia di Caino” che dà il titolo al disco è una lettura poco tradizionale del fatto biblico, che ricorda almeno nelle intenzioni l'approccio di De Andrè, come se dalla parte di Caino ci fosse meno colpa di quanta se ne tramandi: “...così Signore crescevo i tuoi semi, offrivo i frutti migliori al tuo nome, ma solo quando anch'io ho servito col sangue ti sei accorto di me...”. L'organo e le chitarre elettriche percosse quasi ferocemente fanno da cornice alle colpe di Dio e dell'umanità.

“What else have i to spur me in to love” è l'unica canzone cantata e scritta in inglese da Basile e Robert Fisher (leader dei Willard Grant Conspiracy). Una ballata malinconica con la voce di Fisher che si muove suggestiva sugli accordi di una chitarra acustica.

Altra perla è “19 Marzo”, pezzo che ricorda alcune cose alla Tom Waits, mentre il pezzo che chiude praticamente il disco (tralasciando il poco riuscito “ Maria degli ammalati”), “Il fiato corto di Milano” è una frizzante ballata folk che mette a nudo con discreta ironia la fatica e alcuni vizi della capitale economica lombarda.

Un lavoro intenso e difficile, spoglio, quasi ermetico nei testi che racchiudono qualcosa di antico e che si avvale (cosa rara in Italia) dell'apporto di ottimi musicisti e di una invidiabile produzione.

Un disco che parla, a dire dell'autore, dell'assenza, di personaggi che non riescono ad afferrare mai la vita completamente e delle loro sofferenze, dell'errore che trasforma Caino in un fratello da dimenticare.

di Dario Ameruso


CESARE BASILE - 19 Marzo (Video)

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21 settembre 2009
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