Una luce piantata negli occhi paralizza l’incanto, quel fragile incanto di amore bambino per la prima volta scoperto, e già per sempre in nessun altro modo riconoscibile.
Con la luce…insieme a lui, insieme a te, tutti gli altri… soltanto sguardi cattivi che spaventano.
Indelebili vetri rotti in quel vasto e gelido drammatico rimpianto. Solo adesso distingui l'
amore violento, e lo cerchi affamato, affannato.
Terribilmente occhi, occhi che non verranno mai più dimenticati. Anche perché fuori all’improvviso si fa notte e si è soli.
Aggrappato nella
stanza dove sei, vuota, tu ricordi. E usi visioni “elettriche” per scarnificare.
Fosse stato un uomo. Per un uomo forse è più facile amare un altro uomo. Qual è il peso da sopportare se si è ancora bambini. Qual è il prezzo da pagare, se si è ancora bambini. Trapassati dal sesso e poi subire un ingiustificabile duratura sensazione di abbandono. E bottoni caduti, vestiti strappati.
Scappare o restare, forse nascondersi. Nascondere a lungo, anche adesso, in quel proprio corpo ormai consumato, agitato, grasso, la calma tormentata di un’apparente abnegazione sottile. E invece ancora l'amore e l'orrore che ti vengono a cercare.
Il testo di Letizia Russo, questa giovane “sofferente” scrittrice di frammenti emotivi irrazionali, è lirico e assoluto, e sempre interpretabile a fatica: personale per ognuno. È un conoscersi e un non conoscersi. Nel mentre.
Questo monologo in particolare, corredato di una sola luce accecante, è la paralisi del pensiero che per questo ci allarma.
Una stanza, sola, una sedia, sola; ed è quasi come trovarsi perduti e fermi con addosso i propri stati d’animo maledetti. Difficilmente l’interprete (in questa rappresentazione Laura Nardi) se ne libera.
Così, fortemente coinvolto,
chi dirige (la regia è di Luigi Saravo), lo fa in un modo esemplare, come facesse sua la parte, ne sperimenta ogni attimo celato; necessariamente l'immobile, davanti alle immagini passate e adesso soltanto percettibili.
Intensa e carica di sfumature questa rappresentazione “fragile” dell’inquietudine omosessuale.
Molto curate le luci (Hossein Taheri). Non di meno le ombre.
Questo pezzo unico di teatro poetico rimane suggestivamente emblematico della fatica e del
dolore di essere come si è: uomini, o bambini, gay.
di Chiara Merlo
Letizia Russo scrive questo testo nel 2005 per il festival gay GAROFANO VERDE cercando di dare corpo e realtà di sentimenti all’amore di due uomini e per fare questo attinge a ciò che riconosce come comune ad ogni storia passionale che è la dinamica del desiderio, e soprattutto alla propria intima attrazione per il corpo maschile.
Ripercorrendo la matrice di questa genesi si è voluto prestare adesso al protagonista maschile la sensibilità di un’interprete femminile che potesse illuminare il testo attraverso una nuova prospettiva. Così, pur essendo ancora dichiaratamente un uomo, questo personaggio si anima di percorsi, sfumature e peculiarità che affondano il loro farsi nel corpo di una donna.
"Fahrenheit 451 Teatro", in collaborazione con il "Festival teatri delle Mura 2008".
E' stato in scena Al Teatro Arcobaleno di Roma fino al 19 aprile.
video spettacolo