L’atmosfera è rarefatta, alcune volte invece stantia, affossata tra le note di un bellissimo e noiosissimo piano-carillon…
Ma
Capossela si spiega così : “…Il nuovo album è un disco per piano e strumenti inconsistenti, ossia quegli elementi che possono stare intorno al pianoforte e dargli un’aura, del pulviscolo sonoro.
Voce e pianoforte sono centrali in questo disco che è soprattutto di ballate. Gli strumenti inconsistenti fanno da coro, danno spazio e profondità. Rivestono il pianoforte come un maglione…”.
E gli strumenti inconsistenti sono tanti, ma segnaliamo il mighty wurlitzer theater organ, il theremin, il pianoforte tallone, la chitarra fantasma…
Registrato e mixato in
Italia, con alcune parentesi negli Stati Uniti, si avvale della partecipazione dei Calexico (prodotti da JD Foster, già collaboratore di Marc Ribot e in questo disco anche di Capossela), del maestro-giocattolaio Pascal Comelade, del violoncellista Mario Brunello e dei fiati di Frank London e Matt Darriau dei Klezmatics.
Una ricetta che riesce a creare grandi melodie (Sante Nicola), altre ancora forse più scontate (Parla piano, In clandestinità), qualche benefico guizzo per una sorta di fischiettante tip-tap dall’aria retrò (Una giornata perfetta), una surreale e romantica metafora dei rapporti di coppia scandita da strumenti-giocattolo (Il paradiso dei calzini), un commosso sguardo sulla guerra (Lettere di soldati), mentre il piccolo viaggio nello svanito sogno americano (Vetri appannati d’America) e l’ouverture per banda dal tono circense (Il Gigante e il Mago) non convincono.
Tra i pezzi che si distinguono segnaliamo “Dall’altra parte della sera”, dove un pianoforte ispirato e colto accompagna una trama di parole che si perde nella poca
luce …
Ma la vera sorpresa è la ballata “La faccia della terra”, un pezzo dai toni biblici dell’America rurale, registrato a Tucson con i Calexico (bravi in atmosfere folk e di ‘confine’) che oscilla tra un brano di Tom Waits e un testo di De Andrè.
Il nostro imbraccia una chitarra dobro e si lascia guidare dall’esperienza di bravi musicisti e da un testo che è come “una Spoon River dei vivi anziché dei morti…” per cesellare un blues con innesti mariachi che è tra i più riusciti dell’album.
Un lavoro dai toni pacati, intimo e minimalista, tutto giocato su chiaroscuri e testi poetici (Non c’è disaccordo nel cielo), sulle melodie di un elegante e magnifico pianoforte a coda che a volte stritola forse intuizioni che avrebbero potuto avere più respiro.
Come ascoltare un bellissimo e noiosissimo carillon, con la musica che aleggia senza più peso, nonostante il dolore.
di Dario Ameruso
La faccia della terra (video)Il paradiso dei calzini (video)