Atmosfere di frontiera e retrò, con i profumi zydeco della fisarmonica di David Hidalgo dei Los Lobos, la chitarra ombrosa di Mike Campbell, poi fiati e violini, polverose ballate blues. Fondamentale l'apporto ormai consolidato del produttore Jack Frost (alias Bob Dylan), di Danny Herron alla chitarra, mandolino, tromba, quello di Tony Garnier al basso e di George Recile alla batteria. Volendo credere a Dylan: “...la migliore band che io abbia mai avuto...”.
Queste le coordinate di “Together trough life”.
Un album che colpisce per varietà musicale, sin dalla prima traccia “Beyond here lies nothin'” suonata su un tempo blues (molto vicino a un pezzo di Otis Rush) dalla chitarra di Campbell, ma con la fisarmonica e i fiati che conferiscono al brano un sapore tex-mex.
La seconda traccia “Life is Hard” è una romantica canzone tutta steel guitar e mandolini, mentre “My wife's home town” è la copia dichiarata di una vecchia canzone di Willie Dixon, un blues nel più classico stile chicago che richiama l’old-style di 'Modern Times', ma con la fisarmonica che ancora una volta conferisce un sapore nuovo ad una canzone che gioca con il clichè dello 'sfogo' su una moglie 'infernale': “...voglio proprio dire che
Infernoè la città dove è nata mia moglie...”.
Si direbbe un saccheggio, ma Dylan tira dritto, anzi ri-scrive, re-interpreta a suo piacimento quello che è il patrimonio musicale americano, da cui ha attinto sicuramente nella sua carriera, ma che ha anche arricchito con le sue ballate, influenzando una schiera innumerevole di musicisti.
La chitarra dal suono sporco e ruvido di Campbell (fondamentale nell'economia del disco) graffia in “Forgetful heart”. Intensa e profonda, è sicuramente una delle più belle tra le dieci tracce del disco: “...Cuore smemorato...tutta la
notte sto sveglio ad ascoltare il suono del dolore, la porta è chiusa per sempre, se davvero c'è mai stata una porta...”.
“Jolene” invece rimane uno dei pezzi più deboli, mentre la bellissima “This dream of you” con il suo intreccio di violino e fisarmonica è praticamente una nuova versione di “Romance in Durango”.
“Shake shake mama” è una ballata rock-blues dai toni densi, con la chitarra sempre pronta a impreziosire ogni passaggio musicale, mentre “I feel a change comin' on” è un pezzo dai toni morbidi, con la consueta voce nasale di Dylan che sussurra versi di speranza: “...sento che un cambiamento sta arrivando e la quarta parte del giorno se n'è già andata...”.
Chiude “It's all good”, una sorta di folk-rock-boogie dai toni paradossali e poco profetici, con Dylan che canta con voce consumata il buon andazzo delle cose, mentre intanto, intorno a lui, il mondo crolla e si vedono cose inaudite: “...i grandi politici mentono, le cucine dei ristoranti sono piene di mosche...una tazza d'acqua è abbastanza per annegare...qualunque cosa stia crollando, va tutto bene, va tutto bene...”.
Lontano dalle mode e con la consueta dose di poesia Mr. Zimmerman (con la collaborazione di Robert Hunter, già paroliere dei Grateful Dead, ai testi) ci regala un album intriso di sottili nostalgie del passato (la giovinezza, l'amore), anche musicalmente legato al suono vintage degli anni 40/50 (una strada che già da tempo sembra aver imboccato, quasi come una divertente parodia), ma lo fa con leggerezza, giocando su stereotipi, non distogliendo mai però, il suo lucido e disincantato sguardo sul presente, anche quando parla semplicemente della vita e dell'amore.
di Dario Ameruso
BEYOND HERE LIES NOTHIN' (Video uffiale) BRUCE DAVIDSON FOTO