Il nostro è diventato un paese in cui le stanze della politica offrono un sicuro e confortevole riparo a truffatori, corruttori, mafiosi, bancarottieri ed ai loro fidi avvocati e portaborse. Quei pochi incensurati (non “onesti”, si badi) rimasti portano allegramente sulle proprie spalle la responsabilità di aver rinunciato alla lotta contro questo sistema, ignavi di fronte al succulento contentino di una vita di privilegi su comode poltrone, le cui gambe sono saldamente conficcate nella schiena di noi altri. E le sparute cellule impazzite che invece continuano a credere in quello che rappresentano, e perseguono l’ideale che governare sia un dovere ed un servizio verso lo Stato, vengono derise, emarginate, guardate con la stessa considerazione che si può avere per la scimmietta del giullare di corte. Così, mentre la quasi totalità dell’informazione si prostra più che volentieri a mo’ di zerbino, auto-compiacendosi di aver reso un ottimo servizio al padrone, una piccola frase del nostro ultimo imperatore, l’altissimo Mr. B., forse passata inosservata, ieri mattina risuonava come l'ultima sfida alla decenza: “Da questi giudici non mi farò processare!” … ed è così che la misura si colma. Allora lasciamo stare tutto, non citiamo più sentenze, imputazioni, indagini, veline e festicciole di compleanno. Finiamola con l’elenco delle leggi ad personam e con le menzogne più meschine spacciate per verità assolute. Ripartiamo da zero con questa piccola frase. Abbiamo qui una persona che nel suo delirio di onnipotenza ha la sfrontatezza di rivendicare un potere che gli permette di scegliere chi, se e come debba occuparsi delle sue malefatte. Questo signore rivendica per se stesso il diritto di calpestare ogni idea, ogni legge, ogni persona che gli ostacoli il cammino. E la rivendicazione non è fatta nella penombra di qualche ufficio nascosto tra i corridoi di Palazzo Montecitorio, alla presenza di pochi fedeli lecchini e magari di qualche compiacente esponente dell’inesistente opposizione, bensì in piena luce, sotto gli occhi di tutti, gridandola ai quattro venti, tra scroscianti applausi. Gravissimo. Inaccettabile. Possibile che nessuno abbia sottolineato il sott’inteso? Oggi è l’occupazione del potere che esce allo scoperto, incontrastata e fiera. Domani sarà il pestaggio consapevole della libertà individuale operato da tutti verso tutti, nel nome di quel diritto a rivendicare la propria verità a discapito di quella degli altri, a discapito delle regole, che oggi l’altissimo Mr. Berlusconi ha ufficializzato. È così che muore una Repubblica. Di contro, per uno strano caso, in questi giorni leggiamo anche dello scandalo inglese dei rimborsi gonfiati e di come lo Speaker della camera dei Comuni (la terza carica dello Stato!) si sia dimesso per il fatto di avere la responsabilità morale dell'accaduto. Quasi tutta la stampa italiana ha scelto toni sarcastici per sottolineare quanto il nostro sistema politico sia ben oltre quei “risultati” e senza il minimo ritegno. Ma, perdonate, sia permesso dire che i toni sarcastici non erano adatti. Il sarcasmo implica disillusione, ha il sapore dell’amarezza prima di una sconfitta annunciata, subito dopo una resa di fatto. Non è con questi occhi che dovremmo guardare ad un popolo che ancora ha la forza di reagire al minimo segnale che chi governa lo faccia per sfruttare dei privilegi, che riesce a far tremare le poltrone del potere, che sa e vuole imporre la propria volontà. Dovremmo guardarli con invidia. E chiederci: quando anche il popolo italiano sarà capace di dire col voto “nessuno dei suddetti”?
di Carmelo Primiceri