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La potatura dell’ulivo

La potatura dell’ulivo

(21 gennaio 2009) In questi giorni di entusiasmo e carica positiva trasmessi in mondovisione, può sembrare cinico tornare a parlare dei malanni del nostro secolo e delle loro ultime manifestazioni. Tanto più perché ormai sembra chiaro proprio a tutti che ci si dovrà rimboccare le maniche e fare ciascuno la sua parte per risollevare i nostri destini, perché la Crisi non risparmierà nessuno…
Sono messi in discussione equilibri , sistemi e stili di vita. Restano immacolate solo la morale e l’etica, ma certo non perché abbiano trionfato, semplicemente perché nessuno le usa mai, nemmeno chi non dovrebbe fare altro. Dovremmo quindi chiederci se la crisi è davvero così improvvisa ed inaspettata, e cosa si intende per “limitarne gli effetti”.

Pur essendo tra i primi a non dare molto peso a teorie su ingegnosi deus ex machina che manovrano e manipolano nell’oscurità, non ho difficoltà a credere che la crisi non sia affatto inaspettata: sospetto che sia un rimedio naturale del “sistema” per riciclarsi, rigenerarsi e, in qualche modo, sopravvivere trasformandosi, un po’ come fanno le crisalidi, solo che in questo caso sia prima che dopo, sempre di vermi si tratta…

Non so quanti di voi abbiano mai visto potare un ulivo e sappiano con quale scopo lo si poti. Di per sé l’ulivo se ne starebbe tranquillo a crescere, continuando a dare i suoi frutti e chiedendo in cambio un po’ di acqua (neanche molta) ed un po’ di sole (che fortunatamente non è ancora stato privatizzato). La potatura lo costringe a ricominciare da capo, ne rafforza sempre più il tronco facendo in modo che ogni nuovo getto sia più abbondante del precedente e dia più frutti. Certo, per la pianta è un trauma terribile, una vera e propria Crisi, ma ne aumenta la produttività e superato il momentaneo letargo se ne possono vedere i frutti.

Come reagisce la pianta alla potatura? Cicatrizza lentamente tutte le ferite chiudendole per sempre, concentra la linfa sulle gemme rimaste intatte e favorisce (incentiva?) lentamente la nascita di rami giovani, che vengono lasciati crescere quasi senza frutto finché non sono abbastanza forti da portarne il peso. Prendere ispirazione dalla natura per spiegare le dinamiche delle attività umane è positivo, dà l’idea di fare le cose nel modo giusto: i suoi cicli ed i suoi meccanismi sono perfettamente calibrati, da secoli e secoli ci insegna come fare le cose, senza perdere la fiducia nell’uomo che, tutto sommato, è una delle sue migliori realizzazioni. C’è solo un piccolo particolare: la potatura in natura non esiste!

A questo punto, possiamo comprendere come questo “sistema contenitore” che ci ha assorbito e globalizzato non punti tanto allo sviluppo reale del cosiddetto tessuto sociale, ma solo alla sua produttività, nell’accezione esasperata del profitto a tutti i costi, e per pochi. Tema già trattato in tutte le salse e su cui non è necessario soffermarsi. Ma se lo Stato è il tronco, l’industria sono i rami, i lavoratori le foglie e le olive un bene da spremere fino all’osso… sono chiare tre cose: innanzitutto, della crisi moltissimi restano ignari fino a che non bussa alla loro porta, mentre pochi altri sincronizzano gli orologi; poi, la crisi necessariamente richiede il sacrificio di rami e foglie, ma solo dopo la spremitura, cosa che sta puntualmente accadendo; infine, lo Stato dovrebbe rispondere alla crisi riportando la linfa dove il lavoro è venuto meno, perché lì si trovano le gemme da cui ripartire.

Mentre il primo punto ci coglie di sorpresa ed “a posteriori” (le virgolette intendetele un po’ come volete…), ed il secondo ci immobilizza nell’impotenza, sul terzo si potrebbe dire qualcosa in più. Perché quello che vediamo accadere, in massima parte, è il sostentamento sistematico di chi la crisi l’ha provocata e non di chi invece potrebbe allontanarla. In questi giorni flussi enormi di denaro sono stati utilizzati solo per salvare le banche, lasciando le briciole alle categorie sociali più esposte, a testimonianza di come il sistema si stia riciclando ancora una volta a nostre spese. Questo suona terribilmente innaturale: un ulivo non lo farebbe mai!!! Neanche quando a dare l’acqua alle sue radici è lo stesso che poi eseguirà la potatura…

di Carmelo Primiceri

21 gennaio 2009
Articolo di
carmelo
Rubrica:
Società


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