Che Eric Clapton dica di Landreth di essere ‘uno dei chitarristi più sottovalutati del pianeta’ è subito visibile. Una tecnica di esecuzione poderosa e mille frammenti musicali frullati in due ore svelano l’arcano e meravigliano il pubblico del Liri, da subito catapultato nel repertorio del nostro, partendo dai brani classici per poi arrivare ai più recenti lavori.
Scorrono “Native stepson”, “The promise land”, ma anche brani del più recente “From the reach”, nati dalla collaborazione con altri grandi chitarre, Mark Knopfler, Eric Clapton, Eric Jhonson, Robben Ford: l’energica “Blue trap blues”, la bellissima “Storm of worry”, “The milky way home” e altre che un fin troppo asciutto power trio composto tra gli altri da Dave Ranson al basso e Brian Brignac alla batteria esegue con precisione.
Certo l’interazione con il pubblico non è il massimo, Landreth è un virtuoso che lascia parlare il suo strumento e quando la sua voce arriva dal microfono non è tra le più sensuali, ma il fatto è che questo virtuoso della chitarra che sperimenta orizzonti sonori non sempre facili, ha talento e questo gli basta per entrare di diritto nell’Olimpo dei grandi chitarristi.