Accompagnato dalla sua band The Lover 911 (il preciso Herman Ernest III, alla batteria, David Barard, al basso, e John Fohl, alla chitarra, musicisti che si distinguono anche per gli accompagnamenti vocali) si tuffa subito nel blues delle paludi per poi alternare pezzi più funk pescati dalla sua vastissima discografia (Creole Moon, In a Sentimental mood, Duke Elegant) compreso la famosissima ‘Right place wrong Time’.
Abbondante è anche l’uso dell’hammond che conferisce calore a un sound a tratti leggermente affettato e fin troppo pulito, suonato com’è da una band di professionisti che qualche volta fa fatica a digerire i ricami improvvisati del Dottore. Curiosa la breve parentesi per un pezzo suonato alla chitarra elettrica, una dichiarazione d’amore per il suo primo strumento musicale.
Il pubblico è finalmente conquistato con alcuni pezzi storici tratti da ‘Dr. John’s Gumbo’, tra i quali spicca ‘Big Cheif’. Dopo una piccolissima pausa e richiamato sul palco, il nostro, solo con il suo pianoforte, e seguendo l’esempio dei pianisti di New Orleans, ci regala ‘Such a night’ e la ritmatissima cover di Ray Charles ‘Mess Around’, lasciando finalmente fluire la musica più liberamente tra le sue dita e facendoci apprezzare veramente un musicista che proprio al pianoforte ritrova la sua verve migliore.
Un concerto pieno di ritmo e colore, con una uscita di scena musicale ironica e aristocratica, imperdibile per i fan di Dr. John ‘The night tripper’ che con i suoi cinquant’anni di carriera, giocati sul filo del rasoio tra mille stili musicali, da tempo è entrato ormai di diritto nel gota della storia musicale americana e mondiale.
di Dario Ameruso