Grazie alle architetture distribuite ed alle reti neurali, tecnologie più che mature, ci stiamo avvicinando sempre più velocemente alla cosiddetta “Era della Mente”, un momento della nostra storia in cui le distanze non verranno più misurate in termini fisici, bensì funzionali, ovvero nella possibilità con cui due entità “infomorfe” e “distribuite” possono scambiarsi dati e conoscenza con reciproco vantaggio.
Sarà allora l’avvento di una nuova coscienza collettiva, una intelligenza artificiale in grado di costruire, alimentare e rigenerare se stessa, una
mente alveare i cui neuroni saranno le entità infomorfe e le sinapsi correranno per tutto il cyberspazio.
L’enorme
potenza del calcolo distribuito, la possibilità di conservare e richiamare informazioni in qualunque momento ed in qualunque luogo, la condivisione a tutti i livelli di soluzioni a problemi noti, permetteranno alla Mente un’elaborazione collettiva della conoscenza di parecchi ordini di grandezza superiore per velocità, efficienza e produttività a quella dell’uomo. A lungo andare, la dipendenza dalle fonti di conoscenza non costituirà più un limite.
Questo nuovo “sistema” si configurerà per la
società come una piattaforma trasversale in grado di incorporare la maggior parte delle odierne strutture, se non tutte, sviluppandosi e riconfigurandosi continuamente in un modo che valica i limiti della nostra comprensione. I robot saranno le interfacce semi-autonome e semi-intelligenti della Mente e troveranno larghissimo impiego nelle attività quotidiane, sostituendo gli esseri umani nella maggior parte delle occupazioni.
Si affacceranno problemi antichi, come la disoccupazione, e nuovi, come il trattamento “etico” dei robot e più ancora l’esigenza del controllo su un’intelligenza di fatto superiore. Verrà sviluppato il nuovo tema della “ecologia dell’intelligenza”. Per l’uomo sarà una nuova frontiera evolutiva da superare, in cui l’istinto di sopravvivenza dovrà riconfigurare la specie rendendola meno dipendente dalla peculiare necessità, umana appunto, di una “connessione fisica”, per adattarsi consapevolmente alle unità funzionali ed alla loro impalpabilità.
A ben vedere, la storia dell’evoluzione umana già ora descrive un processo in cui sempre più elementi sono diventati “esosomatici”, cioè non biologici. Da migliaia di anni alimenti, materiali ed energia vengono raccolti e conservati “al di fuori” del corpo umano, ampliando la percezione personale del sé anche al di fuori dei limiti biologici e favorendo la nascita di comunità via via più ampie e distribuite.
Esasperando il concetto, si tratterà allora di sradicare dalla percezione fisica ciò che definisce
personalità,
identità,
linguaggio e
coscienza per dar vita all’essere umano post-biologico, orizzonte degli eventi per un nuovo tipo di relazione simbiotica tra uomo e macchina, in cui ben poco resterà delle forme di civilizzazione a noi familiari.
Per approfondire:
Hans Moravec, “Mind Age: Transcendence through Robots”
Charles Platt, “The Silicon Man”
di Carmelo Primiceri