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Via da lei

Via da lei

(22 febbraio 2009) “ Impossibile dire: amore. Non posso amarti, madre “
Helga Schneider

E' passata da poco l'alba su una Vienna algida e triste, accucciata nel buio della pioggia.
Non c'è spazio per il giorno. Qui la luce non arriva. Non arriva più.
E' il 6 ottobre del 1998 ed è un giorno terribile quello che inizia in questa camera d'albergo spoglia. Helga Schneider, dopo ventisette anni dal loro ultimo fugace incontro, rivedrà la madre, la sconosciuta che l'ha abbandonata nel 1941 per seguire la fede nazista come guardiana nel campo di sterminio di Birkenau. La guardiana di Birkenau è ora una vecchia di oltre novanta anni, ospite di un pensionato. E sta morendo.
Repulsione, rabbia e odio da una parte. Dall'altra il bisogno intrinseco emotivo e fisico, flebile e infine deluso di poter trovare nella spietata e rugginosa vecchia dagli occhi trasparenti e vuoti una madre. Che non c'è. Non c'è forse mai stata.

Lasciami andare, madre è una delle discese più dure nell'universo della memoria dell'olocausto.
Una lucida storia autobiografica che non vuole, perché non riesce, a dimenticare un orrore. Tenativo estremo di ricucire un taglio profondo di un'anima.
E' la ricostruzione inaccettabile di un rifiuto che una madre fa alla propria vita coniugale e ai propri figli, preferendogli l'adesione viscerale al progetto di sterminio degli ebrei.
Scelto, voluto, sostenuto, osannato, glorificato. Amato.
Amore. Impossibile provarlo per una madre dall'inesistente sentimento materno.
Madre vecchia e imbrutita dal male cui ha partecipato, come lei stessa è felice di raccontare, dando risalto al suo ruolo di prestigio e di responsabilità. Svolto con dovizia. Con metodo. Con rigore e con una passione slavata, senza sangue.
Partecipazione per scelta e non per imposizione. Responsabilità come volontarietà di agire.
Livida e inaccettabile come il colore della divisa delle SS.

E' una lettura faticosa e sofferente. E' alterante, nello stato di coscienza e nello stato fisico.
Mette freddo, questa scrittura in prima persona, questa ricerca di un atto, uno soltanto, atteso e invece disatteso, di compassione. Di pentimento. Non ci sarà.
Per questo, costringe spesso a fermarsi, questa descrizione clinica e dettagliata di una pulizia etnica motivata dalla presunta superiorità della razza ariana.
Nelle parole atroci e naturali di una ex SS, fiera e incredibilmente scevra da qualsiasi forma di redenzione o pentimento. Impossibile un accenno all'umanità. All'empatia.
Leva il fiato come un pugno nello stomaco.
Fa, e lo fa davvero, chiudere più volte la copertina.
Questo libro va posato spesso. Per permettere a mente e corpo di assorbire il dolore.

Eppure ti chiama dentro. E il posarlo dura poco. C'è bisogno, ne abbiamo sempre, di un atto di rivalsa. Ti chiama a se' Lo fa con la foto di copertina, autentica, in bianco e nero, di Helga e suo fratello Peter bambini, nel 1942. Ti dici, allora, che è accaduto davvero.

La frustrazione è totale. Durerà fino alla fine. E rimarrà, a copertina chiusa. A lungo.
Attraverso le centotrenta pagine scorre il resoconto dell'incontro di poche ore fra due anime incolmabilmente lontane.

Insopportabile è la descrizione del blu dei neonati ebrei morti per le inalazioni di gas. Il nero dei lividi delle detenute. Il rosso della brace in cui venivano buttati, vivi, gli ebrei. Il marrone del fango. Il grigio della cenere. Il dorato dei preziosi rubati agli ebrei sciolto in monili e simboli del Regime. L'inchiostro dei dossier di esperimenti folli e resoconti di sterminio.
Non c'è un colore, non c'è una strada, per salvare questa storia.
Per ridurre, cancellare la distanza.

Questo libro-documento è una storia personale che assume il ruolo di testimonianza universale e assoluta condanna alla più grande fra le vergogne cui il genere umano ha assistito. Inerme.
E' una presa di distanza. Fatta viva attraverso il rifiuto della propria lingua madre.
Scelta umana più che artistica. Non ci sono, sembra dire, nemmeno parole.
Non è salvifico, questo incontro. Lo strappo è insanabile.
E non è fra madre e figlia. Non soltanto. E' fra morte e vita. Fra disumano e umano.

Ma andava raccontato. Perché è un racconto fatto a se' stessa.
Per lasciarla andare, questa madre. Per sempre.
Mentre Vienna esce dalla pioggia. Lasciando sulla pelle un'umidità appiccicosa.
E' passata. Questo momento non ritornerà.

di Veronica Turiello






Lasciami andare, madre
Helga Schneider
130 pag -Edizioni Adelphi
Gennaio 2004 (euro 7,00)

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