- Nel percorso di cultura musicale e linguistica fra i territori umbri, della Sabina, arrivando fino a Roma, quali sono gli aspetti di contaminazione esplorati più interessanti e quali invece gli aspetti fortemente legati alla tradizione e all’identità che raccontano perciò di radici diverse?
«Terni è una città il cui dialetto è detto umbro-sabino. La continuità tra il territorio di Terni e la sabina è totale: la sabina romana è praticamente attaccata e la sabina reatina anche: ci sono scambi e contaminazioni di stili canori, di melodie di forme poetiche e musicali in modo particolare per forme di “discanti” profondamente arcaici e più vicini alla musica antica che a quella moderna!».
- Levocidoro rappresenta un progetto musicale nuovo su cui lavori ormai da tre anni e che vede la tua voce affiancarsi alle voci di altre sei donne che insieme a te hanno studiato e ricercato suoni e significati, qual è la peculiarità del materiale sonoro messo in campo e perché, dal punto di vista musicale, la scelta è di mettere insieme sette voci di donna?
«Perché le polifonie popolari sono nate legandosi ai lavori collettivi della campagna e della fabbrica o ai riti laici come religiosi. É certo che le complesse polifonie a due voci si cantavano a voci miste, maschile e femminile, ma solisti, mentre gli altri canti venivano cantanti soprattutto da voci dello stesso genere: o femminili o maschili, poiché le polifonie popolari " suonano" meglio se cantate su tonalità più consone ai diversi registri maschili o femminili. Il progetto LEVOCIDORO nasce dall'incontro tra me e queste giovani cantanti venute a studiare con me la voce popolare e proseguito poi con la voglia di mettere insieme le voci che si erano così ben formate sui repertori solistici. Allora i canti si facevano tutte insieme, con qualche polifonia o anche completamente monodici, in ogni caso erano profondamente legati alla cultura materiale».
- Che rapporto c’è tra musica popolare e impegno civile, oggi a differenza del passato?
«Il valore contestativo della cultura popolare è intrinseco ed implicito: è una cultura legata sia al lavoro dei campi, sia a quello di fabbrica. I canti parlano delle ore dure di lavoro, dei licenziamenti, ma anche dell'allegria e della festa che nella cultura popolare ha sempre valenza rituale! Mano a mano che i canti si avvicinano a Roma eccoli trasformarsi in sfide tra i quartieri, in amori delusi e traditi fino al suicidio, ai canti "bulli" con promesse e minacce di coltellate, canti dei carcerati...nella città il potere divide ed impera e quando non può più dominare, sbatte in galera»
- Cosa può la cultura dei luoghi, la partecipazione e una nuova interiorizzazione del sapere comune a fronte dell’alienazione contemporanea, dell’emarginazione e dell’isolamento degli individui globalizzati?
«Il secolo XX è stato il secolo che ha visto nascere L'UOMO MASSA....si mangia tutti più o meno gli stessi prodotti, da est fino ad ovest, si balla tutti insieme a migliaia, si fanno code chilometriche nelle strade, negli aeroporti, anche l'uomo diventa un prodotto di massa, un po' in serie. Uscire da questa omologazione non è facile, la musica e il teatro hanno la virtù di rimettere le cose e le persone sui piedi di una cultura secolare, ancora oggi capace di parlare a noi uomini e donne del nostro tempo!!!»