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Waka Waka

Waka Waka

(22 maggio 2010)

L'Africa dei Mondiali



L’inno ufficiale è Waka Waka di Shakira, con voce sensuale e ritmo afro. Un grido di battaglia.

È un suono onomatopeico per interpretare i gesti simbolici di un dj che usa le mani per fare andare in ritagli un disco sul giradischi. O il rumore dei puntini gialli mangiati da Pac Man nel videogioco. Ora su facebook. È una frase dei Muppet. Oppure un modo delicato per indicare il ripetitivo movimento sessuale.


Non la musica africana per la manifestazione di Johannesburg. La musica locale, forse, non si può adeguarla al compenso richiesto.

Nelle strade allora, fintanto che è possibile cantare. Nel cuore della gente povera del mondo, dal blues. Perché l'Africa non è per gli uomini volgari...

Agli occidentali invece piacciono di più le icone Pop. A dare più importanza allo sport che unisce le nazioni della vecchia Europa colonialista, a dare più visibilità ai calciatori con tutte le veline al seguito...a dare più fashion alle cariche istituzionali che sui mondiali dell’Africa hanno costruito questa passerella etnica di immagini sovrapposte allo sfruttamento.

Verso il Sud Africa una moltitudine di turisti, perché il calcio è simbolo e sogno di un comune riscatto sociale messo in vetrina. Soldi che arrivano, ma solo per comprare il divertimento, a vendere, in illusioni, strategie economiche soltanto speculative. Come al solito. Com’è dovunque.

Ma gli africani questa volta non ci aspettano contenti, sono “arrabbiati”. Noi li scacciamo dalle nostre terre e loro non saranno così ospitali come pretendiamo. L’11 giugno, al calcio di inizio di questa nuova stagione, non staranno, come noi, semplicemente a credere di poter vincere. Inizia il safari.

Nel Sud Africa del calcio un crescendo di reati violenti allarma gli organizzatori. Ed è per questo che il governo ha speso oltre 120 milioni di euro per garantire la sicurezza durante i Mondiali. Ogni giorno 50 persone vengono assassinate e i giornali britannici con questi numeri hanno già dato un’immagine esauriente dei pericoli che i tifosi possono correre. Ma Johan Burger, ricercatore presso l'Istituto Sudafricano per gli studi sulla sicurezza, cerca di spiegare invece come il fenomeno, molto più complesso di quanto non appaia, sia legato più a contesti locali specifici che a situazioni eccezionali e fuori contesto come può essere appunto la Coppa del Mondo. In realtà, sottolinea, il tasso di criminalità si è addirittura ridimensionato rispetto agli anni passati, ma “c'è qualcosa che non va all'interno di alcune delle nostre comunità in termini di interazione e condizioni sociali." L’80% degli assassini del Sudafrica avviene in zone specifiche dove gli equilibri sono davvero molto delicati, e dove in effetti la media nazionale viene addirittura superata. Kwa Mashu è una borgata a venti miglia a nord di Durban, nel KwaZulu-Natal, con livelli molto alti di povertà e di criminalità. Ha l'onore di essere chiamata la nuova capitale degli omicidi del Sudafrica da parte dei media, con 300 soltanto l'anno scorso. Non è quindi più Nyanga ad avere questo primato, una borgata al di fuori di Città del Capo dove dall’aprile del 2007 al marzo del 2008 sono stati contati soli 266 morti e 208 (ancora di meno!) dall’aprile 2008 al marzo 2009. Ma queste non sono le aree solitamente frequentate dai turisti! Ma quali sono le cause di questi assassini che già in qualche modo segnalano il dilagare della violenza a fronte della disperazione sociale: il divario tra ricchi e poveri in ampliamento innanzitutto, come dimostrano diversi studi presi in considerazione proprio dal ricercatore. C’è una “privazione relativa” dei beni di necessità, sostiene Burger. Ci sono altissimi tassi di disoccupazione con un elevato grado di frustrazione, e comunità molto povere vedono la ricchezza spropositata solo a un passo. “Ma non è solo un vuoto. La situazione è aggravata dalla scarsa qualità dei servizi. Molti dei nostri comuni sono nel caos completo a causa della loro disfunzione e ciò porta a una insoddisfazione che è irrimediabile, e a una protesta popolare violenta" E poi non ci sono solo gli omicidi! Circa 204.000 sono gli episodi di aggressione con lesioni gravi, 18.438 le rapine, al pari gli episodi di sequestro di persona e di carjacking (una forma di pirateria in cui il reato è il furto di un veicolo). Destano lo stesso allarme. Ma se anche questi fenomeni vanno geograficamente ponderati c’è da dire che gli stessi possono avere un aumento sensibile proprio a causa dei mondiali. Il carjacking è di sicuro una categoria di pericolo a cui i visitatori europei non sono in alcun modo abituati. E di fronte al quale si può essere sprovveduti e di sicuro presi di sorpresa. Bande locali si stanno naturalmente attrezzando per assaltare i turisti e così la polizia ha approntato un piano della sicurezza che è rigidissimo. E tuttavia il problema rimane all’ordine del giorno per gli organizzatori. C’è da dire che la violenza e il terrore stanno alla base delle contrapposizioni politiche e sociali di questo continente, e non possono di certo essere superate solo con la promessa di avere nuove opportunità e crescita economica. Promesse solo occasionali! Se pure questa realtà criminale non “avviene” a causa dei Mondiali, i Mondiali di certo non lasceranno semplicemente in ombra questa criminalità dovuta a un duraturo sopruso. Bisognerà farci i conti in ogni caso. Se per un frammento temporale avremo l’impressione di aver globalizzato l’Africa, dimenticando le ingiustizie e le prevaricazioni di secoli e che continuano da ogni parte nei confronti degli africani, mettiamo in conto anche che, se per i quarti di finale le partite dei calciatori si giocheranno a Johannesburg, i turisti dovranno stare molto attenti, specie nelle zone della città che è sconsigliato frequentare. Attenti ai semafori e a ciò che si indossa...perché non abbia ragione il drammaturgo Mike van Graan secondo il quale: «quello che l'apartheid aveva iniziato, lo ha compiuto la criminalità», dove le vittime sono bianche e i criminali sono...neri.


di Chiara Merlo

22 maggio 2010
Articolo di
nostoi
Rubrica:
Società


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