Eleanore Roosevelt
Non sono mai stata femminista. Credo per ragioni anagrafiche, ma soprattutto geografiche. O forse perché ho creduto non fosse più necessario esserlo. Candidamente.
E questi giorni di grande fermento elettorale negli Stati Uniti mi hanno aperto gli occhi sulla subdolamente sottile ma sempre esistente linea che separa uomini e donne, che non permette il riconoscimento degli stessi diritti agli uni e alle altre. No, non parlo del diritto di scegliersi lo sposo, di decidere dei propri genitali, del proprio corpo, della libera espressione, del voto. No, non parlo di quello che sulla carta è garantito ad ogni donna occidentale. Parlo del diritto alla sicurezza di sé, alla voglia di fare, alla possibilità di contare e lavorare, del diritto ad essere prese sul serio, il diritto all’emotività e alla sensibilità ma anche alla professionalità.
Lo dico perché mai come in queste elezioni la scena politica Americana si è arricchita di capelli lunghi, tacchi e longuette. In ruoli diversi e con diverso spessore drammatico tre donne stanno riempiendo le pagine dei giornali, i blogs, youtube, la satira televisiva, cartacea e i commenti della gente comune. Parlo di Sarah Palin, la hockey mamma, Michelle Obama la ragazza del South Side e Hillary Clinon, la forte ex-First Lady.
Ugualmente donne, “diversamente” abili, gregarie accompagnatrici del successo maschile.
Hillary Clinton, avvocato di successo, prima senatrice donna a rappresentare lo stato di New York, è uscita di scena qualche mese fa quando i dati delle primarie hanno dato per vincente Obama per più di 300 delegati. Per mesi la gente si è arrovellata per cercare di capire cosa fosse più giusto fare: scegliere un uomo di colore o una donna? In entrambi I casi c’erano da gestire paure ataviche, profonde, irragionevoli. E nonostante “sarebbe stato meglio se avesse vinto la Clinton, perché almeno dietro di lei c’era un uomo” alla fine è Obama che ha avuto la meglio.
Il testimone della grazia femminile è quindi passato dalle competenti mani di Hillary alle dolci e forti spalle di Michelle Obama, madre di famiglia e moglie innamorata. Passaggio di consegne in diretta televisiva nazionale, avvenuto davanti a uno stadio strapieno di 80.000 democratici dilaniati dal lutto femminista ma confortati dalla nuova rassicurante figura di angelo del focolare che può ispirare generazioni di giovani americane.
E quando ormai i milioni di voti al femminile sembravano essere stati incassati dalla comparte democratica qualcosa di innaturale si manifesta. Una candidata repubblicana donna alla vicepresidenza. Non che non ce ne fossero gia' state in precedenza. Geraldine Ferraro, collega di candidatura del democratico Walter Mondale. ebbe la sciagura di dover contrastare la coppia Reagan-Bush padre. Tutti sappiamo come la sua storia finì.
La nuova candidata alla vicepresidenza Americana, il governatore Sarah Palin, però non ha precedenti nel suo genere.
Governatore dell’Alaska, sindaco di Wasilla, nonché reginetta di bellezza della stessa cittadina, giornalista sportivo e, in adolescenza, capitano della squadra di basket locale per cui ha eroicamente segnato un canestro che le è valso il nome di “Sarah Barracuda”. Aggiungiamo anche le immagini della donna cacciatrice che non teme il confronto di orsi e lupi se li deve affrontare dall’alto di un elicottero e con un bell’abito abbinato al fucile da caccia.
Sembrerebbe il giusto mezzo fra un uomo e una donna, un essere mitologico creato da qualche divinità con grande arguzia “politically correct”, se non fosse che al vicepresidente dello stato più potente al mondo servirà un pò più di un fucile per spalleggiare il futuro premier nell’affrontare la crisi finanziaria più grave dopo la Grande Depressione o risolvere il problema della Sanità che non copre un terzo dei 300 milioni di cittadini americani. Di più per risollevare le sorti di una Guerra che sta dissanguando le casse statali e l’orgoglio nazionale o per guardare in faccia alla carenza di risorse energetiche, scarseggianti anche per i "ricchi" Stati Uniti. Ci vorrà un po’ di più di un "sorriso adorabile e una strizzatina d’occhio" per sfilar via dalle interviste che in questi giorni stanno imbarazzando l’etere e che la vedono protagonista di gaffes esilaranti.
Riuscirà l’espediente politico ad attirare milioni di donne verso la consacrazione della donna come ‘categoria’, ‘razza’, ‘minoranza’ da salvaguardare in quanto tale, per il genere che rappresenta e non per le sue reali capacità?
Sì, resto ancora non femminista.
Perché credo che dopo "il potere" a cui ci è stato dato formale accesso, debba esista "il volere", con tutto il coraggio che richiede. E perche' come diceva Eleanore Roosevelt "Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso". E nel frattempo mi auguro di non vedere le pellicce d’orso alle prossime collezioni autunno-inverno.
di Paola Merlo