Oggi, di nuovo, nel silenzio che riempie lo spazio dopo l'inno e la bandiera a mezz'asta, vengono ricordati i nomi delle persone del Massachusetts, di Boston, che hanno perso la vita nell'attentato alle torri gemelle.
E' un susseguirsi di "la mia adorata figlia", "mia moglie e mio figlio", "mio marito", a ricordare una dimensione privata che facciamo fatica a rispettare, in questa vorace voglia, tutta terzo millennio, di accaparrarci gli eventi, personalizzarli, condividerli, etichettarli, globalizzarli.
In questi anni i morti sembravano "appartenere" a tutti, all'Occidente intero, ma oggi sul palco delle autorita', il lutto si leggeva solo nei colori e nelle voci commosse dei parenti delle vittime. Il resto di noi è andato avanti, ha fatto pace con l'idea del terrorismo, con il giustizialismo da Far West che invade paesi e inizia guerre, che uccide figli e compagni di qualcun altro, conviviamo in un mondo fatto di confini sempre più netti, sempre più riaffermati. Siamo in pace, insomma.
Loro no. Chi ha perso qualcuno non lo dimentica, non perdona il destino che lo ha scelto come bersaglio inerme, non commemora, solo faticosamente sopporta.
Foto di Paola Merlo - vai alla Gallery completa