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Le ere Maya e la fine del mondo

Le ere Maya e la fine del mondo

(20 settembre 2009) La civiltà Maya, una tra le più complesse del centro America nell’epoca precolombiana, aveva prodotto una matematica molto pratica ed utile, basata su un sistema vigesimale, ciò poiché per contare utilizzavano tutte le dita dei piedi e delle mani. L’applicazione principale era la compilazione di calendari astronomici assai precisi, sui quali venivano regolati i riti e la vita civile.
Nel loro calendario principale, detto “Haab”, un anno, o “Tun”, era suddiviso in 18 mesi, o “Uinal”, di 20 giorni ciascuno, detti “Kin” che significava anche sole o tempo, arrivando così a 360 giorni, il numero più vicino all’anno solare reale: a questi 360 giorni venivano poi aggiunti 5 giorni, indicati col termine “Uaieb”, i giorni senza nome, dichiarati infausti.

Parallelamente al calendario civile, fu sviluppato un altro calendario per il contesto religioso, con una rappresentazione indipendente dei numeri. Lo “Tzolkin” era formato da 260 giorni, la durata della gestazione di una donna, con 13 mesi sempre di venti giorni. La peculiarità era che i giorni di questo calendario avevano dei nomi propri legati alle 20 divinità riconosciute, ognuna delle quali era portatrice di un giorno.

I Maya usavano indicare i giorni dell’anno riferendosi ad entrambi i calendari, pertanto erano sempre due numeri e due nomi ad identificare con precisione un giorno. Con questo meccanismo, una certa data poteva ripetersi soltanto dopo un numero di giorni che è il minimo comune multiplo tra i 260 giorni del Tzolkin ed i 365 giorni dell’Haab, ovvero dopo 52 anni haab o 73 anni tzolkin.

Purtroppo, le devastazioni compiute dai conquistadores non ci permettono di avere un quadro completo delle osservazioni effettuate sugli astri. Si sa con certezza soltanto della grande importanza attribuita al pianeta Venere: molti templi, sculture e simboli rappresentano e venerano l’astro, che veniva chiamato “Chac ek”, ovvero stella rossa, o “Yux ek”, stella vespa. Il suo splendore nei cieli del Centro America, il fatto che si trovi sempre nelle vicinanze del Sole e che dia la percezione di ruotargli intorno, ha così impressionato questo popolo da identificarlo con un dio terribile, una divinità che era indispensabile ingraziarsi, specialmente quando appariva per la prima volta al mattino: il ritorno dell’astro dopo la congiunzione inferiore col Sole era un giorno nefasto e pericoloso, da saper prevedere con cura, perché il dio poteva sfogare la sua ira sulle ignare vittime.

Dopo centinaia di anni di accurate osservazioni, i Maya erano riusciti quindi a determinare il periodo del pianeta, ovvero la durata di un'orbita completa, in 584 giorni, con una precisione praticamente coincidente al valore attuale. A queste osservazioni seguì la stesura del calendario di Venere ed i Maya capirono che ogni 104 anni, gli anni di tutti e tre i calendari, l’anno di Venere, l’anno haab e l’anno tzolkin iniziavano nella stessa data.

Come spesso accade, anche in questo caso avvenimenti fausti o infausti erano direttamente collegati agli avvenimenti celesti, al ripetersi di particolari allineamenti o al ricorrere di date particolari. Durante i cinque giorni “vuoti” che precedevano la fine dell’anno, il popolo cadeva nel più cupo terrore per la paura che il mondo non si sarebbe rinnovato: gli abitanti lasciavano spegnere i focolari e distruggevano gli arredi domestici, gli uomini digiunavano disperandosi, le donne incinte venivano rinchiuse per il timore che si trasformassero in lupi ed i bambini venivano tenuti svegli per evitare che diventassero topi.

Al tramonto dell’ultimo dei giorni vuoti, i sacerdoti salivano sulla Collina della Stella, un cratere vulcanico estinto visibile chiaramente in tutta la Valle di Città del Messico, e scrutavano ansiosi i cieli dal tempio eretto sulla sua sommità, attendendo l’ora in cui la stella Aldebaran o l’ammasso delle Pleiadi avrebbero raggiunto lo zenit, dando conferma che il mondo sarebbe continuato per un altro anno.

Nel preciso istante in cui ciò avveniva, i sacerdoti davano inizio alla “Festa del fuoco nuovo” in cui accendevano un fuoco nel petto di una vittima sacrificale alla quale era stato precedentemente estratto il cuore con un coltello di ossidiana. Questo fuoco dava il segnale a tutti i templi ed a tutte le case della vallata dell’inizio di un nuovo anno.

I Maya erano anche fortemente convinti che vi fosse una stretta relazione tra la ciclicità dei fenomeni celesti ed i cicli storici: la storia dei popoli si sarebbe ripetuta in concomitanza con i cicli astronomici, le ere erano destinate a finire e con esse il mondo. Un’era Maya veniva misurata in 13 periodi “Baktun”, ovvero 2564 anni di Venere.

L’era attuale, secondo la correlazione tra calendario Maya e calendario giuliano, era iniziata il 6 settembre del 3114 a.C. e terminerà il 21 dicembre 2012 d.C. giorno in cui il mondo si rinnoverà.


Uno dei reperti più affascinanti arrivati fino a noi è la cosiddetta "Pietra del Sole", il cui vero nome è "Cuauhxicalli", ovvero nido d'aquila, in cui gli artisti Maya avevano concentrato per intero la propria cosmologia: la pietra è al tempo stesso un duplice calendario, un simbolo commemorativo e la rappresentazione del creato.


Il sito archeologico Maya ove certamente gli allineamenti astronomici segnano la loro massima espressione è invece la città di Uxmal, il cui massimo splendore fu raggiunto alla fine del periodo classico (800 – 1000 d.C.) ed i cui palazzi sono forse i più belli di tutta la regione Maya.



Bibliografia:

G.C. Vaillant, “La civiltà azteca”, Einaudi
G. Romano, “Venere e i Maya” – “La matematica e i calendari Maya”, Il Cielo nella Storia, Fabbri Editori

di Carmelo Primiceri

20 settembre 2009
Articolo di
carmelo
Rubrica:
ProfondoSpazio


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