Nel tour che porta in giro dopo l’ultima fatica discografica e il progetto Grinderman (versione ridotta dell’attuale gruppo), si avverte questa sferzata di energia. Un ritorno alle origini?
Già l’ultimo album “Dig!!! Lazarus dig!!!”, sin dal primo omonimo pezzo, ci aveva preparato a qualcosa di più energico, nonostante molta strumentazione acustica, ma dal vivo Nick Cave non tradisce l’idea che ci si era fatta, anzi sul palco del Tendastrisce si scatena e suda fino alla fine non risparmiandosi mai.
Come sempre una parte fondamentale la fanno gli
arrangiamenti dei fidi e precisi The Bad Seeds (per la verità dimezzati e con l’assenza fondamentale di
Blixa Bargeld), su tutti Mick Harvey (
chitarra e organo) e il barbuto Warren Ellis (chitarra , violino, mandocaster) diventato ormai fondamentale nell’economia della band, poi Conway Savage (piano), M.P. Casey (basso), Thomas Widler e Jim Sclavunos (batterie).
Sin dall’attacco Nick Cave, in pieno furore Punk è aggressivo, parla molto cercando di continuo il pubblico, prende a calci qualsiasi cosa, suona organo e chitarra, canta una speciale foga con la sua voce da apocalisse, ma non di rado sfodera sotto i baffoni, un sorriso sarcastico e crudele .
I primi pezzi sono quelli tratti dal nuovo album (in ordine sparso “More news from nowhere”, “Dig!! Lazarus dig!!!” e altre ), per poi arrivare alle più classiche “I Let love in”, “Deanna” e “The ship song”, passando per la ballata assassina “Stagger Lee”. Un po’ di rimpianto per l’esclusione della bellissima e misteriosa “Sorrow Child”.
Poco dopo, la scenografia cambia. Abbassate le luci, compaiono sullo schermo nuvole, lampi e tuoni…è l’ora di “Tupelo” e di “Mercy Seat”, pezzi che racchiudono forse tutta la tenebrosa arte del rocker australiano.
Si ritrova una relativa calma con l’intensa “Jesus of the moon”, la trascinante “Moonland”, per poi arrivare ai due pezzi che potrebbero da soli valere il prezzo del biglietto: “Red Right Hand” e “The Lyre of Orpheus”.
Alle prime note il pubblico è in estasi, ma è nel secondo pezzo che viene fuori l’anima blues di Cave, che trascina con rara intensità la sua voce sulle note del solo pianoforte in un atmosfera dolcemente poetica e malata, come tra l’altro è un po’ tutta la sua musica.
Due ore di concerto ci riportano un Nick Cave in forma, pieno di carisma e capace di focalizzare tutta l’attenzione nonostante qualche volta Warren Ellis provi a rubargli la scena con le sue stramberie
musicali.
Insomma una buona performance per un vero animale da palco.
Se non fosse per il materiale degli ultimi album (raramente riesce ad eguagliare alcuni capolavori del passato nonostante le grandi atmosfere), penseresti che è ancora lui il miglior narratore d’incubi del rock.
di Dario Ameruso
Dig! Lazarus! Dig! (video ufficiale)