Un gruppo di amici, si conoscono da tempo, si sono scelti? Probabilmente sì, ma probabilmente si sono trovati bene avvicendando le loro vite, avvicinandosi tra loro e rimanendo uniti, accettando i reciproci difetti, prendendosi in giro, litigando, facendo smorfie e trovandosi pur sempre in convivi leggeri come spesso avviene nei film del regista Ozpetek. In quei frangenti si respira fluidità, armonia.
Fa bene, faceva ancor più bene nel 2007, per esempio vedere conversare una coppia di amici omosessuali insieme ad altri amici, vedere le dinamiche difficili di coppie tanto eterosessuali (quella della Buy e di Accorsi) così come omosessuali (di Argentero e Favino). Si intravede armonia nelle chiacchiere frivole, nel volersi far accattivare dalla cucina turca dell’attrice simbolo Serra Yilmaz. E si balla anche in queste occasioni di convivio, tra le musiche spicca una versione rivisitata da Gabriella Ferri di Remedios, e pian piano si ha l’idea di essere trasportati da un’onda leggera ma presente.
Una morte improvvisa, dell’amico giovane, leggero, ottimista. Può accadere che in tanta armoniosa fluidità si inserisca il dramma? Può accadere che la musica, le onde che li coinvolgono, le frequenze ondulanti che si percepiscono si interrompano d’improvviso? Per un attimo crediamo di sì. Un’inquadratura sapientemente maneggiata si sofferma sul volto dell’attrice Ambra Angiolini, una del gruppo, la più vivace, quella che non riesce a smettere di drogarsi e si confida/va con l’amico appena defunto. Ambra sta camminando in una struttura interna, angosciante e asettica come il sotterraneo di un obitorio, ma il corridoio è curvo e lei, camminando seria e affannata, percorre questa linea curva continuando a camminare in un percorso sinuoso e a girare ancora e ancora per raggiungere la porta della camera mortuaria. Per un breve istante si arresta su se stessa, smette di camminare e per alcuni secondi non succede nulla, la musica si interrompe, ogni sottofondo sparisce e poi, senza aggiungere altro, la stessa attrice continua a camminare e a raggiungere il suo amico che giace nella stanza. C’è una ferita, gli amici non saranno più gli stessi, ma tornano a incontrarsi dopo l’accaduto, tornano ad abbracciarsi. Quella sequenza della Angiolini che cammina, si ferma e poi continua a camminare è quel che più mi è rimasto del film a distanza di anni.
Si potrebbe immaginare una linea che viaggia senza sosta in un circuito, come quando si lasciava il pc in standby e una linea colorata iniziava a muoversi da una parte all’altra dello schermo in soluzione continua. Le loro esistenze, di Davide, di Roberta, di Lorenzo…le si potrebbe vedere inserite su questa giostra continua, per un momento si interrompe il tutto, certamente, perché la scomparsa comporta un arresto, una sincope, ma poi il flusso continua.
Forse quest’onda continua esiste comunque da prima di accorgercene, durante e dopo e guardando Saturno Contro si potrebbe immaginare che questo flusso esista prima ancora che gli attori entrino in contatto gli uni gli altri e che continui ad esistere anche se per un istante nel dolore della perdita si interrompa. Nel film penso si possa scorgere una visione semplice e schiva della morte, come se il regista non voglia indicarla come ciò che mette tutto a repentaglio ma come una parentesi al di là della quale il flusso, rappresentato dalla musica della scena emblematica sopra citata, continui indisturbato.
Vorrei dedicare questo breve scritto al mio amico scenografo che proprio non vuole far fermare il flusso di musica, di festa, e di vita.