“Scordatelo – mi disse mia madre che era una donna di grande saggezza -. Noi siamo poveri e non conosciamo nessuno e per fare il presidente di banca bisogna fare studi che non ci possiamo permettere”.
Ed è così che, dopo due interdizioni, anzi grazie a due interdizioni, nel 1997 diventò presidente della Cassa di Risparmio ‘incriminata’.
Da una parte il mutuo negato, dall’altra la madre che lo intimava a rassegnarsi, la sfida era aperta e il destino là fuori pronto per essere asfaltato. Se il caso anche rinunciando a catalizzatori politici.
Già giornalista di TeleCupole Piemonte - emittente locale dove recentemente è rientrato in veste di opinionista settimanale e conduttore della prima serata del lunedì - rifiutò proposte di candidatura da più parti, semplicemente perché il suo obiettivo era un altro. Tener fede a un mandato che si era dato per riscattare suo padre da quella che già da bambino gli era parsa un’ingiustizia.
Questo stretto rinvio tra vita e carriera, questa consapevolezza che le scelte decisive possono avere radici lontane, è certamente alla base di Banchieri, un tomo di più di cinquecento pagine in cui Ghisolfi racconta la vita di trentacinque persone per bene, come tiene a precisare più volte nel corso di una conversazione spassosa in cui ha parlato di pil, titoli, obbligazioni, a chi, come la sottoscritta, annaspa a compilare gli estremi di un conto corrente.
E anche in questo caso c’è in gioco un’evidente volontà di riscatto e il bisogno di fare un po’ di giustizia.
Come è nata l’idea di questo libro?
In questo periodo l’opinione pubblica è scossa dalle vicende che hanno riguardato sette banche italiane. Banche che hanno commesso gravi errori a scapito dei contribuenti ma che non rappresentano che una piccola minoranza nel panorama generale, considerato che le banche in Italia sono più di cinquecento. Ma si sa che la gente fa di tutt’erba un fascio e gli errori di pochi hanno rovinato la reputazione di tutti. Allora mi sembrava giusto far luce sulla parte sana che è preponderante, perché ci sono tante persone oneste che lavorano diciotto ore al giorno, hanno all’attivo studi che non finiscono mai e dovevano essere rivalutate. Ne ho parlato con Antonio Patuelli (il presidente dell’Abi di cui Ghisolfi è il vice ndr), che ha subito avallato l’idea e mi ha incoraggiato a procedere.
La scelta è caduta su trentacinque di loro: quali sono stati i criteri?
Sono quelli che io considero come esempio da prendere sia per serietà, sia per etica e trasparenza, attraverso cui cercare di dimostrare che le banche sono rette anche da persone per bene. Mi interessava restituire il quadro umano di ognuno di loro. La famiglia, gli amici, gli studi, le difficoltà incontrate, l’aneddotica sconosciuta. Non tanto la vita professionale e la carriera.
E’ stato facile convincerli a raccontarsi?
Non è stato facile, anche se nessuno ha detto di no. La gestazione è durata due anni perché sono tutte persone che lavorano senza sosta, non hanno tempo libero, passano da una riunione a un consiglio a una commissione a una conferenza. Sono spesso all’estero, spesso in volo. Non lo scriva ma uno di loro, non le dico chi, ho dovuto sorprenderlo al bagno mentre si lavava le mani prima di pranzare in dieci minuti con il solito panino.
Alcuni hanno scelto di scrivere di loro pugno, altri hanno preferito raccontarsi a me, altri ancora hanno optato per la formula domanda risposta. Quello che ne è uscito è la storia economica dell’Italia degli ultimi cinquant’anni raccontata dai protagonisti, attraverso episodi di vita umana anche molto belli e commuoventi.
Eppure la diffidenza della gente comune sembra in aumento. Lei è anche giornalista: c’è in questo senso una responsabilità della stampa e in generale dei media?
Certo. L’accanimento contro le banche da parte di molti programmi televisivi è stato feroce e ha danneggiato l’intero sistema. Ma se si distrugge il sistema bancario di un Paese, si distrugge l’intero sistema economico, si privano le banche della possibilità di creare sviluppo economico. La tv, magari in buona fede, ha creato molta confusione, nei dibattiti televisivi si fatica a concludere un ragionamento, si viene interrotti, si cambia argomento. Si fanno domande alle quali non è possibile rispondere perché certe domande andrebbero rivolte ai diretti interessati.
Tipo perché le banche prestano soldi agli amici?
Hanno provato a fare un elenco dei prestiti fatti agli amici e agli amici di amici e non si arriva a un centinaio, mentre le pratiche di sofferenza sono più di un milione, per la precisione 1.204.000.
Poi è vero che le mele marce ci sono e vanno combattute, ma ci sono dappertutto, nelle università, nei posti di potere. Non è certo una prerogativa del sistema bancario. Quello che io posso fare è cercare di spiegare il perché le banche hanno tante sofferenze.
E’ che forse il centinaio di prestiti elargiti agli amici ammonta a cifre ben superiori rispetto alle tante pratiche dei piccoli imprenditori, artigiani, commercianti in difficoltà. Provo io a nominare le sette banche responsabili di questa deriva. Così, giusto per preservare le altre cinquecento. Poi lei ci spiega il perché le banche hanno tante sofferenze. Monte dei Paschi di Siena, Banca Etruria, Banca Popolare di Vicenza, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Chieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, Veneto Banca. Prego.
Arriviamo da dieci anni di crisi e crisi significa che ogni giorno chiudono quarantotto aziende. Il che vuol dire che le aziende stesse non restituiscono i soldi avuti in prestito e i dipendenti che hanno perso il lavoro non pagano più le rate del mutuo. Un fenomeno che se dura dieci anni porta al fallimento di qualunque sistema bancario e di qualunque azienda. Quello che non si è capito o voluto capire è l’entità del fenomeno.
Il sistema delle banche in America è andato in crisi più di quello italiano. Lì sono fallite ben cinquecento banche.
Il sistema tedesco invece si è salvato perché Angela Merkel due anni prima, prevedendo che le banche avrebbero avuto crediti non esigibili, ha regalato, cioè immesso nei fondi delle banche, trecento miliardi di euro.
Ma davvero in Italia è così irrisoria la percentuale di inaffidabili? Il comune cittadino come fa a orientarsi e sentirsi garantito? Perché ci sono sempre tanti problemi tra le banche e i clienti?
Premesso che ogni amministrazione non corretta è indifendibile, il linguaggio che parlano le banche è molto complesso e i cittadini non sono preparati. Io accanto all’impegno da parte nostra di spiegare in modo chiaro tutti i rischi e le difficoltà a cui il cliente va incontro, auspico una preparazione di base che dovrebbe cominciare dalla scuola media, un’ora a settimana di educazione finanziaria che permetta di capire, di fare le domande giuste quando si chiede un prestito o si vuole fare un investimento. E anche la televisione, invece dell’ennesimo programma di pentole e cucina, dovrebbe mettere in cantiere almeno mezz’ora settimanale, anche da inserire in programmi già avviati. Ne ho più volte parlato con gli addetti ai lavori, da una parte e dall’altra, e tutti sono apparentemente d’accordo, poi di fatto non succede niente o molto poco.
Eppure lei in quanto a divulgazione ha avuto un certo spazio. Il suo Manuale di educazione finanziaria è stato presentato nelle scuole e persino su RaiUno nel programma Uno mattina ha condotto una rubrica dedicata.
Infatti. E pare che in quella mezz’ora gli ascolti raddoppiassero. Il che significa che la gente ha bisogno di capirne di più. Quel manuale è stato pensato appositamente per le scuole medie e la prima edizione era a cura della Cassa di Risparmio di Fossano. Solo in un secondo momento è stato editato da Aragno, la stessa casa editrice di Banchieri, ed è stato primo su Amazon per mesi.
Insomma siamo più poveri ma non possiamo fare a meno di capire come funzionano i soldi.
Io la prima cosa che dico ai ragazzi quando vado nelle scuole è questa: ricordatevi sempre che anche se voi non vi occupate di economia, l’economia si occupa di voi.
Una volta forse non era così indispensabile ma oggi tutti abbiamo a che fare con banche, assicurazioni, prodotti finanziari di vario genere. Chi vuole aprire un’attività , un conto di risparmio, chi vuole fare un investimento.
Mi fa un esempio di errore in cui si incorre per ignoranza, malafede, cattivi consigli?
Le faccio una premessa. Una volta un ex ministro disse che per non cadere in errori bisognerebbe vietare tutti i prodotti a rischio.
Ma non esistono prodotti non a rischio. Tutti i prodotti sono a rischio. E quelli più a rischio di tutti sono le azioni, che puoi acquistare persino su internet, senza nemmeno andare in banca. E se tu compri un’azione di una qualche azienda e due mesi dopo quell’azienda fallisce, la tua azione va a zero: non gli interessi, ma tutto il capitale.
C’è gente che non sa, per esempio, che ci sono due tipi di obbligazioni, senior e subordinate. Rispetto alla senior, che è più sicura, l’obbligazione subordinata è più vantaggiosa dal punto di vista degli interessi, ma se subentrano problemi alla banca, sappi che quelle obbligazioni (subordinate) non le vedi più.
Quindi come conviene comportarsi?
Conviene informarsi prima molto bene. E sapere che se la banca ha problemi prima vengono azzerate le azioni, poi le obbligazioni subordinate, poi le obbligazioni senior, poi i conti correnti.
Io propongo anche una semplificazione della modulistica da ridurre a una pagina sola, scritta con un linguaggio comprensibile in cui sia molto chiaro il margine di rischio di ogni operazione.
A volte ci sono clienti che invece di rivolgersi al direttore chiedono di parlare espressamente con me e in genere sono clienti che vogliono un mutuo. E i mutui possono essere a tasso fisso o variabile. Quando io chiedo loro cosa preferiscono mi rispondono ‘faccia lei’.
Ma non è certo colpa loro, bisogna provvedere a istruire e informare a livello istituzionale, come in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, dove l’educazione finanziaria fa parte del programma di base di tutte le scuole.
Per ora Ghisolfi tiene un’ora di lezione settimanale in alcune scuole pilota con una copertura annuale di tremila studenti, ma è “solo una goccia nel mare”.
Per chi volesse avvicinarsi in modo autonomo suggeriamo dunque il Manuale di educazione finanziaria, un agile volume dal linguaggio accessibile e i contenuti chiari e concisi, la cui consultazione è favorita dall’ordine alfabetico e da un indice analitico.
Chi invece volesse inoltrarsi nelle biografie di trentacinque banchieri italiani, sappia che Banchieri gli offrirà una lente privilegiata, non già deformante bensì tarata su corde più umane. Una lente che mentre indugia su gusti e abitudini private –l’amore per Manzoni e per la Bibbia di Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa San Paolo, la passione per il ballo di Letizia Moratti, il passato di disc jockey in una radio di ispirazione extraparlamentare di sinistra di Roberto Nicastro, presidente della Cassa del Trentino – porta anche alla luce intrecci e retroscena di cinquant’anni di storia economica italiana e non solo.
Titolo: Banchieri; Autore: Beppe Ghisolfi; Aragno Editore 2018; Pagine: 541; Prefazione: Antonio Patuelli
Biografie di: Luigi Abete, Giovanni Bazoli, Gerard Brandstatter, Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, Giuseppe Castagna, Ennio Doris, Miro Fiordi, Gabriele Galateri di Genola, Fabio Gallia, Nazzareno Gregori, Gian Maria Gros-Pietro, Francesco Liberati, Salvatore Maccarone, Carlo Messina, Giuseppe Morbidelli, Jean Pierre Mustier, Mario Nava, Roberto Nicastro, Fabrizio Palenzona, Gianni Franco Papa, Corrado Passera, Antonio Patuelli, Mario Alberto Pedranzini, Aldo Pia, Alessandro Profumo, Francesco Profumo, Guido Rosa, Giovanni Sabatini, Enrico Salza, Maurizio Sella, Corrado Sforza Fogliani, Domenico Siniscalco, Flavio Valeri, Alessandro Vandelli, Camillo Venesio.
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