Siamo tutti più o meno infastiditi dall'amore oramai. Una congettura insopportabile e neanche più del nostro tempo. Che ce ne facciamo. Chi ci crede. Chi l'ha mai avuto, e chi l'ha mai dato. Tutti feriti dall'amore, e non sappiamo neppure cos'è. Ma sappiamo che l'amore è: (in)sostituibile. Te lo puoi inventare. Puoi continuarlo, con un altro, e un altro ancora, forse perché l'amore si trova in ognuno. Esattamente in noi stessi? È la speranza che facilita un incontro, ogni incontro. L'idea che io possa credere in te e anche difenderti. Solo se tu fai lo stesso. Ma poi, puntualmente non succede. E allora ne cerchi ancora, e ancora e ancora. E chi si ferma e lo trova non ha certo smesso di cercarlo più avanti.
Eppure, gli puoi dare o togliere significato, ma in qualche modo ti appartiene sempre, morale o immorale com'è, lucido o impazzito come lo vedi. Certo ogni volta affrancabile da chi se ne vuole occupare, appropriare.
Questo spettacolo è delizioso, divertente, una regia fresca e ribelle, ironica e leggera. E il posto dov'è è incantevole. Il Globe nel bosco. Con tanta musica rock a scarmigliare i personaggi mai così tanto invecchiati di William. Ma si, facciamone un live! Che meraviglia! Shakespeare sorride (finalmente). E anche noi.
Ma dietro c'è un lavoro meticoloso, e si vede. Non tanto per l'ideazione e la scelta dei pezzi, recitati e cantati benissimo, quanto per la voce messa in mezzo. La stessa Melania Giglio, regista e interprete, canterà una decina di pezzi rock difficilissimi (una ricca contaminazione musicale: da Marvin Gaye a Amy Winehouse, da Leonard Cohen ad Alanis Morissette), da rendere poi così, all'aperto, sotto quel buco di cielo pensato per sentire le stelle col vento di inizio autunno (contesto inglese e shakespeariano come non mai). Una voce incantevole, che per essere quella che è, deve aver lavorato così tanto. Di pazienza e tenacia.
Ma anche l'ideazione merita una certa attenzione. A rendere così fruibile l'argomento non deve essere stato facile smontare piccoli ingranaggi perfetti, meccanismi di respiro inquieto, e restituirli in attimi di esaltazione sublime, gioco e perversione, divertimento e sorpresa. In alcuni momenti brividi. La voglia di arrivare lassù. L'amore è forse proprio questo, affinare la voce, renderla acuta e sottile, fragile e deliziosa per cantare ciò che non si sa, per arrivare lassù. Poi in questo teatro hai davvero la possibilità di guardare il cielo, e ci credi.
Quattro personaggi daranno voce e corpo ai più bei sonetti shakespeariani:
1) William Shakespeare – Alfonso Veneroso
2) La sua Musa – Melania Giglio
3) Il Conte di Southampton – Sebastian Morosini
4) La dark lady – Francesca Marìa
Visto al Globe Theatre di Roma