La parola e il gesto, che sono surreali insieme, annullano ogni possibilità di interpretazione, l'effetto è quello che conta, la conseguenza è tutto. La logorrea per poter distrarre dal concetto, e il movimento per intimorire. Non sia mai ti possa spuntare da dietro le orecchie quell'ometto vivo e salterino che ti attenta con parole schiumogene!
Ma il residuo di concetto resta. Il dialogico. Questo spettacolo è sul dialogico. Senza dialogo naturalmente! E con punizioni fisiche per ognuno che tenti di impostarlo.
C'è un momento che mi sono assolutamente persa nel diabolico rituale del discorso: viene messo un tavolo fra tre persone che parlano senza ascoltarsi, una sull'altra, un'orgia di parole, e fra queste c'è Rezza che continuamente infastidisce e interrompe. Che divertimento! Proprio una presa in giro del nostro modo di (non) comunicare, dove non soltanto l'incomprensione, il rifiuto, la soggezione, la prepotenza gestiscono il flusso di parole senza senso fra le persone, ma anche il rituale, l'orgasmico desiderio di parlare senza ascoltare diventa amaro esilarante.
"Perché, se ti faccio una domanda, poi tu rispondi e mi lasci in silenzio!", geniale intuizione. Perché restare in silenzio? Io voglio dire, voglio parlare, è irriducibile in me, devo dire a ogni costo, e perciò un elenco di cose solo per riempire, solo per tramortire emozioni e significati. Parlare, parlare, parlare, e solo di sé, senza mai stare zitti, altrimenti l'altro si prende uno spazio che poi presto si altera al quadrato, e in uno spazio per due che è ristretto non puoi permettergli di allargarsi.
La scena è piatta e con un muro. Ostinazione e ostilità. Ma ci sono le finestrelle, espediente scenico per venir fuori e irrompere a pezzetti, per quel che ci è concesso. Gli altri sulla scena sono perciò provocatori. Sbeffeggiano da quelle finestrelle mostrando il culo, che perciò viene preso a schiaffi. Folletti acquatici, sinistri pezzi di vita, giochi erotici, riflessi incondizionati.
Mi piace che la scena venga chiamata habitat (di Flavia Mastrella) anche per questo, è il contesto (naturale) dove si incrociano linee e corpi, fra parole e suoni, e salti nel buio, dove si degenera, si de-costruisce, si scompone.
(comunque, la frase sui "due punti"(:) è meravigliosa - "chi ha inventato i due punti è un genio")
Visto al Teatro Vascello di Roma il 9 gennaio