La schiavitù raccontata qui però è del tutto occidentale. Attuata con la scienza e la medicina, il controllo demografico e la violenza di genere. E tutto passa attraverso una T.A.C. (tomografia assiale computerizzata), si, quel macchinario di ingegneria medica in cui immettiamo il nostro corpo perché venga scannerizzato. Il buco nero del tempo che divora il dolore. La metafora della grotta, del passaggio divino ad altra vita ultra-terrena. E il "roveto ardente" è un rullo gigante (frammento forse di quel macchinario?) che vortica pericolosamente davanti a noi emettendo un rumore impossibile da accettare. Tanto è dirompente e fastidioso che c'abbiamo l'istinto di coprirci gli occhi. E su questo rullo scivolano e si arrotolano parrucche. Anime svuotate di ogni raffigurazione possibile. Capelli, per darci il senso di ciò che resta dopo essere morti: volti irriconoscibili, o resi invisibili, o soltanto da immaginare, coperti da capelli ingarbugliati, appiccicati. Com'è nei peggiori incubi dove poi la parrucca si volta e c'è un teschio. Tutti i teschi di questi giorni, anche quelli che ridono.
Le immagini, le scene, sono molto complesse da decodificare, e allora scegliamo di seguirle semplicemente usando i canali percettivi, quelli che di solito usiamo perché proprio le immagini ci ritornino in ricordo, o in quell'idea che abbiamo del dolore, di noi. Fenomenologia teatrale. Ma i canali percettivi spesso ci spingono al rifiuto della realtà, a non volerla rivivere interiormente. Così è quando nel mezzo del frastuono incomprensibile (del tempo, della guerra, dell'esistenza, di ciò che s'infrange dentro di noi e si rompe in mille frammenti, in altri mille frastuoni) si apre un bagno, forse di un autogrill riconosciuto, e in questo bagno una donna sta per partorire disperata, da sola, col sangue che macchia tutto, cose e vestiti, mentre fuori le intimano di uscire per altre urgenze.
Un'inquietudine personale che non puoi più smaltire con una smorfia di circostanza da spettatrice, che pure cerca insistentemente di non farsi coinvolgere, sei anche tu buttata lì in quei due metri quadrati lerci dove solo alla carta igienica ci si può aggrappare, per cercare di pulire, prima il cesso, che abbracci, poi il lavandino e la porta, soltanto per chi entrerà dopo, l'acqua non funziona, aumenta il sangue (nevrosi che ti pigliano quando impazzisci per quello che ti sta accadendo, o mentre senti caldo il sangue fra le gambe che non smette di sciogliersi rosso e grumoso sulla tua pelle bianca, una volta più giovane, in una vita che non volevi vivere: in quel modo assoluto tuo malgrado). E non hai altra carta. "Partorirai con dolore". Questo è stato stabilito. E questo succede. Abbandonate nel cesso come prostitute ad abortire, donne sole senza uomini nella grotta che si vergognano per quello che loro succede, e che spesso sono costrette a fare. Bambini inutili di donne inutili, che vanno buttati via come inutili conseguenze del sesso. Bambini che non servono a quel popolo, ma che sarebbe possibile adottare forse, certo se fossero "designati" a un futuro diverso. Piccole particelle di niente che non aumentano né diminuiscono la quantità umana, di vita, esistente.
E risuonano andando via le parole della madre proiettate in musica:
Era bello.../...così bello sentirlo inghiottire il latte/e al tempo stesso respirare./Quel piccolo suono non potrò più sentirlo./Un’altra donna lo sentirà./Io non potrò più sentire i suoi singulti,/i suoi piccoli scambi di agnello tra latte e aria./I suoi piccoli stantuffi d’aria dal naso,/i suoi piccoli schiocchi di cartilagine/più tenera di una foglia di malva./Perché io sarò come inesistente per lui./Volterò la testa quando sentirò altri bambini chiamare/«mamma»./Ma se Mosè non potrà parlarmi,/voglio lo stesso dire io, al suo posto:/«Mamma, mamma, mi vieni a prendere?»/E rispondere:/« Non posso, figlio mio. »/«Perché, mamma, sei cattiva con me?»/«Oh figlio, l’ho fatto per salvarti!»…/Mi crederà?/Signore benedetto, mi crederà?...
La regia di questo spettacolo e i testi sono commoventi. È vero che c'è una intellettualizzazione del dolore e del conflitto, ma passa comunque attraverso le sensazioni (in quel rapporto che c'è sempre, insistente più che mai, tra sensazione e concetto), e non c'è niente di più intelligente e di sensibile, per il teatro d'oggi, che fare dell'immagine il riferimento, da decostruire, come del resto avviene in quel processo individuale di proiezioni interiori, per ognuno differenti, abusanti e complesse, di tutto quello che abbiamo intorno, addosso, che ci comprime e che pure inconsapevoli interiorizziamo. La nostra cultura parte dai nostri occhi, da ciò che ripetutamente tocchiamo, da ciò che ascoltiamo o avvertiamo, e che vibra fra le pareti della nostra memoria. Bravissimi gli attori-performer.
Visto il 13 gennaio 2015
pagina spettacolo Teatro Agentina
"Go down, Moses" di Romeo Castellucci
regia, scene, luci, costumi di Romeo Cstellucci
testi di Claudia Castellucci e Romeo Castellucci
musica di Scott Gibbson
con Rascia Darwish, Gloria Dorliguzzo, Luca Nava, Stefano Questorio, Sergio Scarlatella
Romeo Castellucci
pagina Romeo Castellucci Wikipedia
sito Compagnia Raffaello Sanzio
video youtube Castellucci...à propos de "Go down, Moses"
Romeo Castellucci - Leone D'oro - Biennale Teatro di Venezia 2013
Louis Armstrong - Go down Moses
Tournée:
2015
9 – 18 January > Teatro di Roma-Roma
12-13 March > Residenz Theater-Munich
21-22 March > La Filature de Mulhouse- Mulhouse
26-28 March > Le Maillon de Strasbourg-Strasbourg
2, 3 April > Comédie de Reims – Reims
27 – 30 May > wiener Festwochen - Wien
16 – 18 June > Festival Printemps des Comediens – Montpellier
27 – 29 june > Ellenic Festival - Athens
8 – 9 October > Le Volcan Scène nationale du Havre
2016
26 – 29 February: Adelaide Festival-Adelaide - Australia
2 – 4 June (TBC) > Festival TransAmérique, Montreal - Quebec Canada