Come un talento del cabaret riesce ad esprimersi attraverso il web?
«Io credo che sia l’esatto contrario! É proprio il web che ha deciso (soprattutto negli ultimi tempi) di esprimersi come un cabarettista spietato, come un “esorcista” che al posto del crocifisso usa l’ironia per salvarsi dalle tragedie di tutti i giorni. Basti pensare alle centinaia di pagine satiriche spuntate sui social network! E’ anche vero però che Internet è una vera e propria rete da pesca: la getti in mare caricando un progetto, aspetti e controlli il risultato tirandola su per vedere quanti pesci hai pescato. Con la differenza che le spigole nella rete del pescatore ci capitano casualmente, mentre noi, spigole “informatiche”, ci tuffiamo nelle trappole essendo consapevoli di ciò che facciamo. “Un video con due milioni di click? Anch’io devo vederlo. Cosa me ne frega del titolo, dell’argomento? Ha due milioni di visualizzazioni!”. Poi lo carichi e magari esce fuori uno che ti bestemmia contro. Proprio per questo è difficile emergere sul web se non si è vuoti, se non si urlano i vari “dai cazzo” ogni dieci secondi, a meno che il comico in questione non sia un mostro sacro come Gigi Proietti o Fiorello. Ma per fortuna non sempre è così. Per quanto mi riguarda posso dire di non aver toccato di certo la vetta del milione di contatti, ma ho ricevuto in cambio regali non meno importanti da parte dei visitatori Youtube (troppi per un diplomato ragioniere come me!). Il segreto? Battere il ferro quando è caldo, sfruttare un argomento sulla cresta dell’onda e contare sul popolo del web che digita lo scandalo quotidiano in questione e sperare che gli capiti davanti anche il tuo lavoro. Almeno così ho fatto io, ma non rifatelo a casa… potrebbe essere molto pericoloso».
Come riesci a far sorridere in un momento come questo, prendi di mira le frustrazioni?
«Far sorridere oggi come oggi è un’impresa titanica. E non lo dico per buttare lì la solita frase che si legge sui giornali che trovi dal dentista per far colpo nelle interviste sui segreti della comicità, ma lo dico perché secondo me più passa il tempo e più veniamo circondati da “comici involontari”. Siamo tutti saltimbanchi semplicemente perché la realtà ha superato la fantasia, è questo il vero dramma. Se ti affacci alla finestra e osservi il tuo quartiere ti divertirai sicuramente di più rispetto ad un altro che è andato al cinema per vedere una commedia. E’ il periodo in cui tutti vogliono ridere per forza e per dimenticare, è il periodo dei varietà di quart’ordine dove gli spettatori ridono perché sanno di essere inquadrati e il regista prima di iniziare la puntata ha ben spiegato a tutti che i comici non possono fare brutta figura. Mondo ladro! Nel mio piccolo ho sempre puntato il bottino intero sulla “ripetizione dei comportamenti”. Voglio somigliare al giornalaio, allo studente, al ragioniere, al bancario e all’operaio per farmi riconoscere come uno di famiglia e per far dire a chi ha deciso di sentirmi “Si, è vero!”. Perché credo sia meglio far sorridere con una verità che far ridere con una bugia. Dico male?»
Allievo di Brignano, la romanità è per scelta o ti viene per tradizione?
«Taglio la testa al toro dicendoti che per come la vedo io la Romanità è una scelta di tradizione. E’ un vero e proprio sigillo di riconoscimento che fa del Romanesco non un semplice dialetto bensì una lingua vera e propria confezionata a puntino per il genere comico. Il suono della voce di un qualsiasi Romano ti strappa la risata, c’è poco da fare. Non spetta di certo a me fare esempi già noti al mondo riguardo alla leggera pesantezza di Aldo Fabrizi, al malinconico umorismo di Nino Manfredi o, come diremmo noi oggi, al “taglia, copia e incolla” dei caratteri Italiani “Made in Sordi e Verdone”. Il nostro territorio – assieme a quello Napoletano – ha dato al nostro Paese i migliori clown di sempre, che vivono ancora oggi nei nostri schermi per il loro saper far ridere con la faccia, col corpo e con le parole senza l’uso di inutili volgarità. Ed è quello che in un certo senso Brignano ha raccolto in eredità e che io ho cercato di assorbire. Ah, dimenticavo… I have a dream: fra venti anni vorrei vedere gli adolescenti di adesso gustarsi i film in bianco e nero di Gassman, Sordi e Manfredi. E quest’arduo sogno si realizzerà solo se chi ha intrapreso questo mestiere non abbandonerà mai le radici che ci hanno reso grandi nel mondo».
Il caso Shany tra musica e poesia; cosa ti riesce meglio: l'attore, l'imitatore, il cantautore, il comico o il regista?
«Non ripetere mai più “Il caso Shany”. Me dovessi ritrova’ domattina sulla bacheca de sughero d’un commissariato? Comunque sia mi riesce meglio l’attorimitatorcantautorcomicoregista. Semplicemente perché musico le mie poesie, recito le mie imitazioni, canto la mia comicità e mi diverto a dirigere me stesso. Come vedi sono convinto della mia vita e so già cosa farò da grande: il fioraio».
Shany Martin, a modo suo, è un Don Chisciotte?
«Bella ‘sta domanda, non me l’aveva mai fatta nessuno. Certo che si! Essere un Don Chisciotte è un dovere per tutti! Cosa sarebbe una vita senza sogni? Una vita insonne. E visto che soffro di insonnia, fidatevi se vi dico che è meglio sognare. Poi se lo si fa ad occhi aperti insieme ad altre persone è ancora meglio, s’intende. Ma tutti i grandi uomini da prendere d’esempio erano dei piccoli Don Chisciotte all’inizio. Perché i grandi obiettivi inizialmente hanno addosso un abito di apparente perdita di tempo, ma in realtà quello che vediamo in lontananza è molto più di un mulino a vento. E con questo chiudiamo… me ne posso anna’?»