Questo autore, Andreev, attraverso il nostro formidabile Mauri, ci suggerisce una via, non è così dolorosa come continuare a prendere schiaffi, ma neppure impraticabile. È l’immaginazione.
Vi siete mai trovati sorpresi (specie a Natale) a ribaltare quelle sfere di vetro con la neve dentro, in quei negozietti di souvenir del centro, piccoli e affollati? E avete sentito, immediatamente, quella voglia irresistibile di ripetere il gesto solo per sorridere ancora una volta? E magari guardando chi passa, che a sua volta sorride con quell’identico sguardo infantile? Mauri ci guarda con quello stesso sorriso accattivante (quello stesso che c’ha Babbo Natale per farsi riconoscere), con la barba lunga e bianca, con quegli occhi ardenti di ostinata bontà.
Capovolge l’intero palcoscenico e fa scendere la neve, su tutti noi...e tutti noi sorpresi come bambini a sorridere rincuorati.
Forse ha soltanto voluto dirci come dobbiamo ricominciare. Con un soffio. Dalle piccole cose, quelle piccole idee felici che sotterriamo ogni giorno. Così spingere i nostri impulsi, mobilitarci contro la cattiveria, non arrenderci all’omologazione del comportamento.
Il testo è attualissimo: un circo di magnati, ballerine e colorati pagliacci senza difesa che sorridono senza averne voglia, piangono invece, come tutti i pagliacci, a orchestrare ogni giorno lo stesso spettacolo a un pubblico inerme e indifferente: siamo noi.
Ma tra i suonatori e i saltimbanchi, solo un folle può rompere il vetro (uno scrittore!) e se pure inizialmente ha voluto vivere la giostra dell’immaginario collettivo, poi non ci riesce a sacrificare gli ideali alle apparenze. Uccide l’innocenza e se stesso per non rinunciarci. Ma la favola non finisce così male, il protagonista non muore davvero, continua invece, e ogni volta che viene capovolta la sfera. Spera. Gli attori: tutti molto bravi. Roberto Sturno nel ruolo di “Quello”.
La regia è, per ripeterlo, magica. C’è però una crepa pericolosa nella messa in scena: quando il vecchio padre (Glauco Mauri) parla a “Quello” per convincerlo a non insistere in quel suo febbrile incitamento alla rivolta, perché sennò poi si arriva da vecchi a doverci rinunciare per forza...beh! In quel momento, il carisma del vecchio ha di fatto soggiogato la rivolta, facendo perdere allo spettacolo l’evoluzione di un crescendo. Ed è quello il punto forse in cui bisogna ribaltare la sfera, su cui evidentemente ritornare e riflettere.
DATE di GENNAIO: Verona - Teatro Nuovo (dal 10 al 15); Rovigo - Teatro Sociale (il 17)