Idealmente, Manhattan Transfer (1925) di John Dos Passos (firma di John Roderigo Madison) è la storia di Winesburg, Ohio (1919) di Sherwood Anderson che prosegue e chiude un cerchio.
“...This is certainly the city for everyone being from somewhere else...”
L'uomo che abbandona la provincia rurale per cercare fortuna nella metropoli, approda tra le strade di New York e tenta la scalata sociale.
Lì, però, si scontra con ciò che cercava.
L'anonimato si trasforma in anomia e il successo è, piuttosto, occasione.
In questa perdita di orizzonte, i deboli soccombono così come quell'aristocrazia fuori tempo massimo, troppo assorbita da balletti, stordita da alcol, feste e rapporti superficiali per accorgersi dei cambiamenti sociali in atto. La stessa aristocrazia al tramonto e la stessa New York descritte contemporaneamente da Francis Scott Fitzgerald in The Great Gatsby (1925).
Come la sirena di una mitologia del capitalismo, New York attrae e fa proprie le vite di chi ha ceduto ai suoi incanti. Sembrano vincere solo gli Ulisse del XX secolo: avventurieri senza scrupoli e dalla flessibile moralità civile.
Ma il vero vincitore risulta essere Jimmy Herf, personaggio pressoché autobiografico, che chiude il romanzo con l'abbandono della metropoli dopo aver ottenuto il proprio assaggio di Sogno americano.
“How fur ye goin?”
“I dunno... Pretty far”
E il cerchio si chiude.
Sentir parlare di John Dos Passos (1869-1970) in Italia è piuttosto raro. Eppure, contestualizzato, Manhattan Transfer fu un romanzo rivoluzionario e sperimentale.
Sperimentalismo che è andato sviluppandosi nelle opere successive dell'autore americano di radici portoghesi e, principalmente, nella U.S.A. Triology (The 42nd parallel, 1919 e The Big Money).
Dalla linea temporale altamente frammentata, alla coralità accentuata, Manhattan Transfer richiede al lettore uno sforzo intuitivo per colmare i notevoli salti narrativi.
La storia raccontata da questo libro è impregnata di quell'ideologia marxista che affascinò il giovane Dos Passos e che egli ha gradualmente abbandonato nel corso degli anni. Verosimilmente, tale perdita d'infatuazione fu causata dalle riflessioni su un comunismo reale che andò sempre più rivelandosi regime totalitario. Iter ideologico che lo fece passare da paladino dei diritti degli anarchici Sacco e Vanzetti a punto di riferimento intellettuale dei conservatori statunitensi degli anni '50, fino alla dichiarazione di lealismo maccartista.
Le assonanze con opere quali The Great Gatsby e Winesburg, Ohio non sono casuali. Come Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, William Faulkner, Sherwood Anderson e il più giovane John Steinbeck, John Dos Passos è stato identificato quale autore di quel movimento (puntiforme, più che collettivo) che Gertrude Stein ha definito 'The Lost Generation' (la Generazione perduta).
Ad accomunare gli autori c'è un vissuto spesso identico: la partenza da volontari per la I Guerra mondiale (la partecipazione al II conflitto mondiale da reporter, per Steinbeck), un'esistenza inquieta tra U.S.A. ed Europa, un'accentuata visione ideologica della società contemporanea, lo scontro con il capitalismo del 'Sogno americano' e i suoi fallimenti, la lascivia della Jazz Age...
Leggere Manhattan Transfer di John Dos Passos è come sfogliare un album di fotografie d'epoca che narrano la storia di una New York sempre più vicina al centro del Mondo. Nonostante tutto.
Copertina del libro
Manhattan Transfer
di John Dos passos