La Tempesta di Shakespeare
con Albertazzi nel ruolo di Prospero
Dietro Prospero...la fantasia, la capacità immaginifica che ci trascina via dalle cose brutte: i tradimenti, le sconfitte, le mortificazioni e la violenza.
Dietro Prospero i libri, quelli che ci salvano dopo ogni acquazzone e pioggia che gronda giù dal viso scivolando via dagli occhi, quelli che ci ancorano alla speranza in mare, per il cambiamento, quelli che ci fanno indulgenti davanti alle offese, pazienti di fronte al dolore.
Dietro Prospero l’istinto anche maligno che ci fa mordere la vita quando ci insulta (Calibano), e l’aria imprigionata dentro ai polmoni per continuare a sopravvivere anche in un respiro (Ariel).
Dietro Prospero la giovinezza, e così l’amore (Miranda), puro e autentico destino per ogni uomo. Il Tempo.
Dietro Prospero Albertazzi, stanco e forte, intrepido e gentile, semplice e sapiente. Una voce carnosa e tortuosa prestata al delirio, e poi alla quiete. Pause di solitudine intramezzano il resto.
Una scena fiabesca dalle vene legnose di un’impalcatura magica in mezzo agli alberi, un’apertura al cielo per guardare la luna d’estate, una luna vera che fa da sfondo.
E nel rumore dei passi sul legno fra gli alberi, i personaggi si illuminano d’argento, e sono come lucciole nella notte. Simboli resi eterni dalle parole assegnate.
Alessandro Chiti disegna tutto questo universo di parole/immagini lasciato in prestito, sapendo che la luna già prenderà accuratamente il suo posto: riflessi di luce e onde del mare allietano la sera mentre palloncini neri minacciano la calma. Poi squarci nel tempo, tuoni e lampi, distruggono le vele, marinai sconfitti si arrampicano a ogni costo.
Questo è il teatro, questo è il segreto. Shakespeare non rinuncia, Albertazzi neppure. La regia è fatta di incanti, poetica la trasposizione di Daniele Salvo. Bravissimi tutti gli altri attori che sostengono l’impresa. Ricominciare dopo ogni affondamento. In particolare due corpi, due voci, Calibano e Ariel, Gianluigi Fogacci e Melania Giglio, che concertano ogni trama, alimentando i nostri occhi di movimenti e pensieri.
di Chiara Merlo